L'ANALISI

Taranto, il passo giusto

La vittoria contro la Cavese ha il sapore della (magra) rivincita, aver...
   Roberto Orlando

10 Aprile 2018 - 12:44

Tempo di lettura: 5 minuti

La vittoria contro la Cavese ha il sapore della (magra) rivincita, aver compromesso la rincorsa al primo posto ai metelliani ripaga i tifosi delle tante battaglie perse contro i biancazzurri negli anni. I rossoblu di mister Cazzarò si ritrovano nel poco invidiabile ruolo di giustizieri del torneo, oggi affossando la Cavese, domani (o meglio, alla penultima, probabilmente a giochi fatti) chissà contro il Potenza. Il Taranto riprende il cammino verso i playoff acquisendoli matematicamente e affiancando al quarto posto il Cerignola. Nelle ultime cinque gare il rendimento delle prime di testa ha visto l’Altamura ottenere 13 punti su 15, il Potenza 12, il Taranto 10, Cavese e Cerignola 9; essenzialmente ciò non ha significato nessun grande cambiamento nelle posizioni di classifica ma ha definitivamente consolidato il Potenza al primo posto e quindi alla promozione in Lega Pro. I rossoblu di mister Cazzarò, dal canto loro, hanno completamente invertito, nel girone di ritorno, la tendenza negli scontri diretti: dopo averli persi tutti nel girone di andata, si è ritrovata vittoriosa contro tutte le avversarie d’alta classifica, in attesa sempre, della sfida contro il Potenza. Ciò è sintomo sicuramente di una crescita di valore tecnico, sperando sempre di conservare questa amalgama nella prossima stagione, ma anche (per quanto può valere), di rammarico per la falsa partenza. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte, occorre soltanto prendere atto che il Taranto ha sfidato Cerignola e Altamura proprio nelle prime quattro giornate di campionato, in piena gestione Cozza, perdendo entrambe le sfide. Come si diceva tempo fa, occorre anche fortuna nel proprio percorso durante il campionato e al Taranto questa fortuna è mancata; così come, in realtà, è mancata una solida base societaria e tecnica proprio ad inizio stagione.

Gettando distrattamente un occhio agli ennesimi inutili play-off, occorrerà vincere due gare (semifinali e finale, sul campo della migliore classificata) per essere inseriti nella graduatoria finale delle nove squadre vincenti di ogni girone, in ordine quoziente punti ottenuto al termine della regular season. Tutto per acquisire il diritto di priorità per la presentazione di una EVENTUALE domanda di ammissione alla serie C, QUALORA SI VERIFICASSERO DIVERSE DETERMINAZIONI DA PARTE DEL CONSIGLIO FEDERALE riguardo al completamento degli organici nei campionati professionistici. Non sappiamo per ora quale sarà la politica degli organi federali per la prossima stagione: riduzione degli organici? Ripristino del format a 20 squadre per girone? Il tutto, naturalmente, se il buon DG Montella riesca a convincere il presidente Giove ad imbarcarsi nell’avventura.

Oltre a guardare in casa nostra, che sarebbe forse l’azione più saggia, per capire davvero le reali possibilità finanziarie della società, occorrerebbe osservare (e sperare) in una azione limpida, autoritaria, decisiva degli organi di serie C; i gironi “monchi” di quest’anno, per evitare di rivivere un nuovo caso Vibonese o Rende. Non è adesso il momento, però, di occuparsi di argomenti (e realtà calcistiche) che non ci appartengono, ma ritornare a osservare la realtà locale. Direttore sportivo si, direttore sportivo no, parafrasando gli EELST, Giove smentisce Montella e lancia l’idea dell’allenatore-manager; Cazzarò in conferenza stampa frena coloro che già gli attribuiscono la nuova nomina per la prossima stagione e dispensa frasi per motivare il gruppo e concludere al meglio questo campionato. Se davvero, come dice Giove, c’è la fila dietro la sua porta per allenare il Taranto, ci chiediamo davvero quali saranno le discriminanti per la scelta del primo allenatore-manager rossoblu. Noi speriamo che a parlare siano i risultati e la lungimiranza delle scelte.

I tifosi si apprestano a votare il nuovo logo del Taranto FC 1927 secondo un sondaggio popolare voluto dalla Fondazione Taras. Premettendo che una società con la prospettiva di diventare (nel suo piccolo) “grande” effettua delle scelte di immagine e brand management tenendo conto di svariati fattori che rientrano nella sfera economica e comunicativa (quindi stendiamo un velo pietoso sulle modalità e i criteri adottati dal trust), l’operazione assume dei contenuti grotteschi: restano ancora senza risposte alcune domande fatte proprio all’indomani della genesi del logo targato Giove; perché il presidente del Taranto a Gennaio cambio il logo pur sapendo che tale azione era prerogativa della Fondazione Taras? Cosa c’era in quel logo che non andava e perché è stato necessario cambiarlo? La Fondazione Taras, nella persona del Consigliere Cecereha dichiarato che sono stati i tifosi a segnalare la volontà di un nuovo logo condiviso (ma davvero?), ma più impellente dei desideri dei tifosi (quali tifosi?) fu la subitanea e risoluta replica del trust all’ufficializzazione dell’attuale stemma, rivendicando i propri diritti. Quindi, dov’è tutta questa sollevazione popolare? Sicuramente, ed ha ragione la Fondazione, la prerogativa su colori e logo è la loro, ma sfugge ancora (e speriamo di avere risposta) il perché dell’azione di Giove e di questa prova di forza della Fondazione di voler a tutti i costi manifestare la propria funzione di paladini di maglie e disegni: ci si è ridotti davvero a questo?

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