#ERASMO40

Selvaggi, 'Iacovone icona di un calcio genuino, di altri tempi'

'Spero che con Giove il Taranto possa risollevarsi'

Franco Selvaggi - foto Luca Barone

   Andrea Loiacono

05 Febbraio 2018 - 20:44

Tempo di lettura: 4 minuti

In occasione della ricorrenza del quarantennale dalla scomparsa dell'indimenticato Erasmo Iacovone abbiamo avvicinato telefonicamente Franco Selvaggi, campione del Mondo di Spagna 1982 con l'Italia allenata da Bearzot e protagonista di 5 campionati disputati con la maglia del Taranto, nel corso dei quali totalizzò 22 reti in 146 presenze.

Di Erasmo Iacovone si è detto e scritto molto in questi anni. Ci può descrivere tecnicamente che tipo di giocatore era? Lei con i suoi assist lo mandava in rete, eravate una coppia complementare e la tifoseria sognava, così come un'intera città, la promozione in serie A.
"Tecnicamente Iacovone era un giocatore straordinario, era uno che tramutava in gol tutte le azioni che si riuscivano a costruire, che non è facile. Aveva un'elevazione e un colpo di testa che raramente ho visto nel mondo del calcio; confrontandolo anche con i centravanti con cui ho giocato, posso dire che è stato uno dei più forti. Credo che la morte di Iacovone, ma non solo, fu uno dei motivi che poi non ci permisero il grande salto, che avremmo senza dubbio meritato".

Che tipo era invece Iacovone come persona? Glielo chiedo soprattutto a beneficio di coloro i quali non hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
"Di solito si tende a parlare bene di una persona dopo la sua morte. Ma la mia non è retorica; Iacovone era un ragazzo straordinario, una persona con la quale era difficile non andare d'accordo, non criticava mai nessuno. Noi in particolare avevamo un rapporto di alternanza perché io non avevo le qualità tecniche sue e lui non aveva quelle mie, per cui diciamo che la commistione tra noi sarebbe stato il giocatore perfetto. Avevamo un'intesa eccezionale; alcuni gol glieli ho fatti fare, però era bravo anche lui ad andare a prendere questi cross e farsi trovare pronto. Era un grande centravanti che avrebbe fatto bene anche in serie A; l'appellativo di “Mister mezzo miliardo” era più che meritato".

Ci può raccontare un aneddoto simpatico che ha contraddistinto delle vostre partite o allenamenti? Com'era giocare al vecchio impianto “Salinella”? Le cronache ci parlano di un campo praticamente inespugnabile.
"Ricordo bene che a Iacovone non piaceva la mia tendenza a voler dribblare irridendo quasi l'avversario, lui avrebbe preferito avere subito il pallone per fare gol. In un primo momento si adirava ma poi ci chiarivamo immediatamente e si metteva a ridere. Poi quando vincemmo col Bari 1-0, io feci l'assist e lui fece un gol di classe col pallonetto. E io gli dissi scherzando che quel tipo di reti toccava a me farle".

Ricorda la giornata del 6 febbraio 1978? Cosa faceva quando le giunse la drammatica notizia della scomparsa di Iaco
"Quel giorno lì ci fu una delle partite più belle giocate da Iacovone, ci furono due salvataggi sulla linea, due parate di Ginulfi. Io con lui avevo giocato a Roma e sapevo che era un grande portiere e Iacovone era nervoso perché noi eravamo nelle zone alte della classifica. Aveva effettivamente ragione ad essere nervoso perché le occasioni per segnare furono veramente molte".

Può la figura di Erasmo Iacovone essere considerata una sorta di simbolo, un'icona spartiacque tra il calcio del passato e quello moderno caratterizzato da palloni superleggeri, moviole in campo e pay-tv?
"Il calcio prima era molto più romantico, non esistevano tutte queste tecnologie. Era ugualmente un calcio con calciatori ben pagati, ma più genuino. Il rapporto con i tifosi era più genuino, alle volte si andava con loro a prendere il caffè ed era più bello così. Ricordo con piacere le partite disputate al “Salinella” con 20.000 spettatori a battere i piedi sui gradoni e i seggiolini di legno. In casa per tre anni non perdemmo una partita, eravamo praticamente imbattibili".

Spostandoci al presente, ha modo di seguire il Taranto? Da circa tre mesi c'è una nuova dirigenza e da qualche settimana si sta ricreando un clima di fiducia e supporto intorno alla squadra. Lei che è stato prima allenatore e poi vicepresidente in due occasioni della società rossoblù, come vede il lavoro sin qui svolto dal Presidente Giove e dal suo staff?
"Ho conosciuto Massimo Giove, perché il fratello giocava nella primavera e spesso era aggregato alla prima squadra; quindi ho avuto modo di vederlo in alcune occasioni. Mi sembra una persona affidabile e che tiene al Taranto e mi auguro possa rilanciare le sorti della squadra e della società".

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