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Javier Zanetti, 'Capitano e Gentiluomo'

'Due Calci in Libreria', dalla rubrica di Angelica Grippa
   Angelica Grippa

28 Marzo 2020 - 19:14

Tempo di lettura: 3 minuti

"Nel nostro DNA c'è una piccola dose, o forse qualcosa di più, di sana, lucida follia; l'Inter è genio e sregolatezza, l'Inter è sofferenza, l'Inter è dolore, l'Inter è estasi. Dall'Inter ci si può aspettare tutto e il contrario di tutto. Vittorie impossibile e tonfi clamorosi, partite della vita e passaggi a vuoto inimmaginabili…Il tifoso interista è abituato a soffrire, ma non molla mai, non abbandona mai la barca nel momento del bisogno".

Era il 1995 quando un giovane difensore sconosciuto, approda alla corte di Massimo Moratti a Milano, quell'anno arrivarono altri nomi illustri, ma Javier Adelmar Zanetti è solo una giovane promessa dall'Argentina. La sua è un' infanzia da sudamericano, una vita di sacrificio ma piena di valori, ed è grazie all'appoggio della sua famiglia, che coltiva il suo sogno da calciatore. Vive momenti difficili e quando nessuno lo vuole perché poco dotato fisicamente, non desiste. Approda in una squadra di Buenos Aires, con l'auspicato esordio in prima squadra, nasce cosi il sodalizio tra calcio vero e Javier. Il suo soprannome ‘Pupi' viene da lontano, era quello affibbiato al fratello che anni prima aveva militato nello stesso club.

Un giorno però la svolta: <>. Un sogno che si realizza, proprio l'Inter di Facchetti, di Bergomi, il club nerazzurro di via Durini era pronto a scommettere tutto su di lui. Dopo mesi di tormenti per la lontananza dalla famiglia e da Paula, grande amore della sua vita da sempre, parte e inizia una storia che non è mai finita sino ad oggi. Perché essere interisti è uno stile di vita, un tifoso con la maglia nerazzurra ha un modo tutto suo di vivere il calcio, con passione, dedizione e sofferenza. Famoso l'attaccamento della tifoseria e tutte le difficoltà affrontate da un club che ha superato numerosi delusioni, lo stesso cuore del numero 4 dell'Inter. Javier parla di Ronaldo, della bruciante delusione del 5 maggio, la più grande caduta da quando è all'Inter, e nella stagione successiva quella scelta mai accettata del fenomeno di indossare la casacca dei blancos. Tutti gli interisti osannavano Ronaldo il ‘fenomeno', lo stesso presidente Moratti portava con se una foto del fuoriclasse brasiliano ovunque andasse. Per Javier i colori valgono più di ogni contratto milionario, parla degli uomini che l'hanno aiutato e della sua guida spirituale, Facchetti.

Tante leggende parlano dell'impegno assoluto di questo campione, si vocifera che anche il giorno del suo matrimonio si sia allenato, una conferma dell'assoluta dedizione a questo sport. La semifinale di Champions nel 2003 ,persa col Milan a un passo dal sogno , poi l'estasi nell'ultima stagione, come lui la definisce la ‘stagione più bella della mia vita'. Il triplete dell'Inter, quel famoso 2010 , dove l'Inter vince Scudetto, Champions in finale contro il Bayer, e una Coppa Italia contro la Roma. L'Inter sul tetto del mondo e Javier il capitano, l'uomo a capo di un'impresa storica che accompagna gli interisti da quel fatidico anno. Ma Javier è anche un grande campione di solidarietà, accanto alla moglie e a numerosi personaggi del calcio, infatti cura la ‘Fundacion Pupi', con oltre 150 bambini, con disabilità mentale e fisica. Offre sostegno materiale e psicologico nei quartieri più poveri della sua amata Argentina,quella stessa nazionale con cui ha collezionato una quantità immensa di presenze, secondo solo a Mascherano. Un calciatore inossidabile in campo e fuori dal campo, un uomo stimato da interisti e non; nessun capitano nella storia dell'Inter ha avuto lo stesso amore incondizionato, per tutti lui è il numero 4 storico, per tutti lui è ‘Capitano e Gentiluomo'.

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