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Roberto Orlando |
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Non lo dico per vanto, ma l’esperienza di conoscere Benedetta, i suoi genitori Salvatore e Antonella e il suo coach Vito è qualcosa di prezioso. Non si tratta di conoscere un vip o un campione assoluto, ma di essere accettato a vivere, con rapporto di fiducia, il percorso di crescita di una adolescente, con tutta la fragilità che comporta.
Come giornale abbiamo conosciuto Benedetta a 13 anni, quando ancora si allenava a Pulsano, quando ancora “non era nessuno”, per dirla come disse l’amico fraterno Fabio. Ne abbiamo seguito le orme senza mai superare la soglia dell’inopportuno. Anche quando arrivavano le medaglie, anche quando Benedetta sbriciolava record. Con coach D’Onghia abbiamo sempre parlato della carriera di Benedetta come il percorso di crescita di una ragazza che da un giorno all’altro ha capito di avere la possibilità di diventare qualcuno: Vito, Salvatore, Antonella, hanno sempre salvaguardato l’equilibrio di chi a quell’età deve pensare alla scuola, ad essere una ragazzina “normale”, nonostante Benedetta normale non sia. Perché è giusto così, perché stiamo parlando di una adolescente. Valeva due anni fa, vale anche oggi.
Ma il talento di Benedetta ha dovuto (e deve) fare i conti proprio con il valore che il suo talento ha (da grandi poteri derivano grandi responsabilità): già due anni fa nacque la prima squallida polemica da parte di chi spingeva per averla da altre parti piuttosto che all’Aniene, spalleggiati dalle loro trombe (o tromboni?). Ne parlammo qui e non pensavamo che proprio nel momento della caduta peggiore nel percorso agonistico di Benedetta tornassero a galla nuovamente le parole accidiose e tossiche contro di lei. Contro una sedicenne, contro un’atleta della nazionale italiana che, suo malgrado, ha fatto flop.
Delle 9 medaglie d’oro vinte fino ad ora, dei diversi record italiani ed internazionali realizzati, da parte questi signori non ne abbiamo mai sentito parlare. Che tristezza, che miseria. L’invidia nello sport ci sta, mi ha detto papà Salvatore, ma è la cattiveria che non va bene. E oggi, profeticamente, la cattiveria è arrivata gratuita. Difenderemo sempre Benedetta, perché è figlia di Taranto, perché è la speranza per tanti giovanissimi che si approcciano allo sport, perché è una ragazza meravigliosa. Perché è il volano di un nuovo domani per Taranto, ché Taranto 2026 porti la piscina olimpica. Perché è una stella azzurra del nuoto (che il tricolore va sventolato sempre). Perché il sorriso di Benedetta è sincero, leale, genuino, contagioso. E quel sorriso affosserà le facce tristi di chi adesso vomita rancore.
Forza Benedetta!