L'EDITORIALE

Taranto, la lezione della Carrarese

La squadra di Calabro ci insegna che, nonostante il numero di tifosi presenti sugli spalti, nulla è impossibile

Foto Luca Barone

   Maurizio Calò

11 Giugno 2024 - 09:00

Tempo di lettura: 3 minuti

Domenica sera si è compiuta un'altra piccola grande impresa. Una di quelle partite con il silenzio dei riflettori e con lo scetticismo generale. Contro qualsiasi pronostico e contro qualsiasi previsione. La Carrarese di Antonio Calabro ci ha insegnato ancora una volta molto. E non è una sorpresa nella storia della Serie C. Il primo grande insegnamento è che si può vincere senza avere uno stadio per forza strapieno e passionale. Intendiamoci, l'amore straordinario dei tifosi nonchè il bacino di utenza e la storia, spesso, possono fare la differenza. Ma questo fattore non è matematico e non è sinonimo di vittoria certa. La Carrarese ha avuto una media spettatori intorno alle 1.500 presenze a partita. E' una squadra che gioca in un impianto piccolino. Logisticamente non dovrebbero esserci paragoni con le grandi piazze. Soprattutto quelle del sud Italia. Vuoi mettere uno Iacovone pieno, un Partenio-Lombardi strabordante di supporters avellinesi o un Massimino di Catania ribollente di tifo? Eppure anche una tifoseria come quella della Carrarese ha potuto gioire dopo 75 anni ritrovando la Serie B che sembrava sogno irrealizzabile.

E, allora, ecco i pensieri e le riflessioni che pervadono tanti addetti ai lavori. Ma davvero si vince solo con il pubblico? O, forse, occorrono professionalità, competenza, idee e stabilità societaria? Il dibattito è ancora più acceso a Taranto laddove la vicenda stadio sta monopolizzando gli interessi di tutto l'ambiente jonico. Tutto si riduce a questa vicenda. Perché è da quello che si deciderà il futuro sportivo del club rossoblù. I numeri della Carrarese dovrebbero far capire che i risultati e le promozioni si possono ottenere anche in un contesto di pubblico non particolarmente numeroso. Certo la questione logistica è importante nel momento in cui, come nel caso del Taranto, una società rischia di dover emigrare a stagione in corso in un altra città giocando in un'altro stadio. E con la certezza di dover mettere sul campo ingenti risorse finanziarie. Rimanendo allo Iacovone, seppur con una capienza notevolmente ridotta, si potrebbe, forse e nonostante tutto, provare a rilanciare un progetto vincente. E chissà, magari proprio con Ezio Capuano ancora al timone della squadra. E con dentro di sè una voglia ritrovata e una marcia in più. Quella voglia di entrare nella storia del club jonico anche in condizioni complesse e difficili.

L'incontro tra Massimo Giove ed Ezio Capuano, molto probabilmente, ci sarà nelle prossime ore. I telefoni sono tornati a squillare tra loro due. Forse, davvero, non tutto è perduto. Certo non tutto è scontato. Ci sono ancora interrogativi. Ma quel rischio di ridimensionamento potrebbe anche non esserci. Si tratta, a questo punto, di scegliere. Riflettere sul da farsi e fare dei passi precisi e decisi che siano chiari a tutta la tifoseria. Con un focus importante e cioè quello di schiarire qualsivoglia dubbio. Spazzare vie le nubi dell'incertezza è l'imperativo categorico che si chiede alla società. Per evitare chiacchiericci e dubbi, perplessità ed, eventualmente, promesse che non si possono mantenere. Forse, la Carrarese di quest'anno e il Lecco dell'anno scorso ci insegnano che nel calcio nulla è impossibile. Al di là dello stadio e del numero dei tifosi presenti.

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