CALCIO

Disastro mondiale

Riflessioni all'indomani del ko della Nazionale contro la Macedonia del Nord
   Maurizio Calò

25 Marzo 2022 - 19:30

Tempo di lettura: 4 minuti

Dalle stalle alle stelle. Dalle notti magiche dell'estate scorsa alla notte fonda di ieri sera. Sembra passato un secolo eppure la vittoria dell'Europeo è datata luglio 2021. Eppure sembra essere tornati a quella notte di Milano del novembre 2017 quando la Nazionale di Giampiero Ventura non riuscì a superare il muro svedese e, cosi, a ribaltare il risultato negativo dell'andata in Scandinavia a causa di uno sfortunato autogol di De Rossi facendo sprofondare il calcio italiano nel burrone con la mancata qualificazione al mondiale di Russia 2018.

Un momento davvero difficile che aveva decretato il de profundis del nostro calcio. E allora via alla presunta rivoluzione. Via Tavecchio dentro Gravina. Via Ventura e dentro Mancini. Un'impresa improba per il Mancio con un lavoro immane da fare e con un palazzo completamente da ricostruire. E mentre sul campo di Coverciano Roberto Mancini provava insieme al suo staff a plasmare la nuova Nazionale, sulle scrivanie della FIGC si provava a cambiare tutto. Gabriele Gravina diventa presidente e si spera in un anno zero. Dal quel 2018 in poi si è parlato di tutto: riforma dei campionati, riforma dei settori giovanili, riforma delle società sportive, attenzione al mondo dilettantistico, costi sostenibili e quant'altro. Da allora nulla di tutto questo si è visto.

Tante parole e pochi fatti. A partire dalla presidenza della FIGC per arrivare alla presidenza e alla gestione delle leghe si sono rivisti gli stessi film di sempre: guerre intestine, giochi di potere, ripicche presidenziali, stesse persone in posti diversi e mai un vero ricambio. E anche rispuntato Giancarlo Abete in qualità di presidente della Lega Nazionale Dilettanti. Un classico esempio di gattopardismo in puro stile italico. E ripassando dalle scrivanie al calcio di campo Roberto Mancini, nell'indifferenza di un calcio dei club a cui la Nazionale ha sempre dato fastidio, nell'indifferenza di una Federazione solo in apparenza attenta alla crescita del club Italia, ha conseguito un risultato incredibile: vincere un campionato europeo da sfavoriti e costruendo un gruppo strutturato nel tempo vincente, credibile, unico e forte. Grazie alla vittoria dell'Europeo la Nazionale ha ritrovato l'affetto della gente e la voglia di tifare per la maglia azzurra. E' bastato pochissimo. E' bastato che le fanfare sparissero, che le trombe festanti si zittissero, che i pullman adibiti a baldoria si fermassero ai box per ripiombare nelle solite beghe e nelle solite contraddizioni del nostro calcio.

In primis il solito errore di sentirsi fortissimi e imbattibili dopo un grande successo (è successa la stessa cosa dopo la conquista del mondiale in Germania nel 2006 e, in buona parte, anche dopo il successo del 1982); in secundis, l'aver clamorosamente sottovalutato il girone di qualificazione al mondiale in Qatar pensando che la strada fosse semplice e che da campioni d'Europa tutto era facile; in terzo luogo aver sopravvalutato una Nazionale fatta di discreti giocatori ma non di fenomeni ( eccetto Verratti); una Nazionale che ha al suo interno giocatori che non giocano più nemmeno in Italia, una Nazionale che non ha più attaccanti di peso, di ruolo, di classe e degni dei centravanti del passato, con un portiere strapagato in Francia e che sembra un Pizzaballa qualunque. Insomma una serie pazzesca di errori, pensieri presuntuosi e, soprattutto, un contorno davvero sconfortante.

Dalla serataccia di Milano siamo passati alla notte di Palermo, la "notte del calcio italiano" per citare il celebre documentario di Sergio Zavoli sulla "notte della Repubblica" in quel caso dedicato agli anni tragici del terrorismo nostrano. Per carità, contesti diversi, ma, per certi versi, per dare un senso a ciò che di incredibilmente negativo e disastroso sia successo calcisticamente ieri sera. Mancini e i suoi inevitabilmente vanno sul banco degli imputati ma chi deve dare conto di questo autentico sfascio è la FIGC, in persona del presidente, e tutte le componenti del nostro calcio. Cambiare tutto per non cambiare nulla non serve. Occorre davvero l'anno zero. O adesso. O davvero, mai più.

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