TARANTO FC

TimeOut: ''Un uomo solo al comando''

Per ora nessun ingresso in società, il presidente prosegue per la sua strada solitaria
   Redazione MRB.it

21 Luglio 2021 - 13:00

Tempo di lettura: 4 minuti

Un uomo solo al comando, il suo mestiere è fare il presidente del Taranto, il suo nome è Massimo Giove. L’impresa di fare impresa, con il pallone. Con tutte le difficoltà del caso. Gli oneri e gli onori su una bilancia che pende un po’ di qua e un po’ di là. A seconda degli umori, dei meriti, da quale parte soffia il vento. Dal pomeriggio di Venosa ha spirato un caldo scirocco che ha fatto sudare ed entusiasmare. Che ha fatto stropicciare gli occhi ad una città proiettata su altri lidi calcistici, fiera e intrepida, desiderosa di non guardare più indietro.

Massimo Giove è stato simbolo e artefice di questa rinascita. Diamogli credito, non è banale affermarlo: se un pallone rotola ancora da queste parti sappiamo a chi riservare il compenso. Ma basta un attimo e il vento può trasformarsi in tramontana, rendendo il futuro più mosso e agitato. I giorni che hanno preceduto l’iscrizione al campionato di serie C sono stati frenetici. Si è cercata una sponda per sbloccare le quote societarie sequestrate proprio un anno fa, si è paventata la possibilità di un rimescolamento nei quadri del club, favorendo l’ingresso di nuove figure imprenditoriali. Alla fine tutto è rimasto come prima: ulteriore sforzo economico per riappropriarsi del proprio pacchetto azionario e Giove sempre unico uomo al comando.

Gli allarmi non hanno suonato, le spie non si sono accese, ma i conti in un’azienda vanno rispettati. Il Taranto non è da questo punto di vista un club virtuoso. La perdita di esercizio di 650.000 euro certificata dall’ultimo bilancio si somma ad una situazione debitoria le cui cifre non hanno bisogno di essere tracciate con esattezza per eccepirne la consistenza. Zavorre preesistenti che si trascinano affannosamente. Non è una colpa, non c’è spazio nemmeno per una critica. È un dato di fatto. Capita quando si fa calcio. Quando si investe tanto (troppo) e non si arriva all’obiettivo, quando ci si riprova calibrando il nuovo budget, ma venendo sormontati da un nemico invisibile come la pandemia che ha ridotto ai minimi termini qualsiasi numero contabile con il segno + davanti. E quando da ora bisogna reinventarsi un progetto, alzando l’asticella che vuol dire spostare più su i limiti tecnici e operativi. In serie C non si può sbagliare, infilarsi in una strettoia è un attimo.

Il precedente di quattro anni fa deve insegnare. Sarà inderogabile per la società ridurre la sofferenza patrimoniale, sarà imprescindibile per i dirigenti trovare forme di sostegno. Il dilemma del contributo Ex Ilva resta sul tavolo, spremendo a fondo il sottile confine tra morale e materialità. Non sbagliare vuol dire avere idee chiare, sapersi muovere compatibilmente con le attuali disponibilità. Anche in modo umile, foraggiando un progetto più fresco e giovane. I connotati di Giuseppe Laterza, pronto a cimentarsi in uno sconosciuto pianeta calcistico. L’allenatore fasanese non ha mai celato la sua ambizione. Quale migliore occasione per saggiarne lo sviluppo in un torneo con il crisma del professionismo. È un rischio. Lo era anche dodici mesi fa. Francesco Montervino sarà chiamato ad una ripetuta opera di restyling, raccogliendo i frutti di quanto seminato in termini di elementi un tempo chiamati under e bonificando la rosa rendendola più spendibile e competitiva. Per entrambi il premio di una riconferma. Si parte dai dati certi, mossa piuttosto condivisibile.

Che obiettivo porsi? Al Taranto futuro si chiede il giusto. In un progetto di crescita occorre consolidarsi, creare le premesse per un’esistenza duratura. Mantenere la categoria è un imperativo realistico, quasi doveroso per la sopravvivenza, per far rotolare ancora quel famoso pallone. Da concepire senza assilli per quello che può permettere una piazza rigorosa come quella rossoblù. Ma il Taranto calcio ti sorride proprio quando è assente una pretesa che incombe, la superficialità di un giudizio, una sicumera da esibire. Lasciamo spenti quei fari, ci sarà tempo per accenderli.

Fonte: TimeOut - Luigi Carrieri

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