PRISMA VOLLEY

Volley: Cernic, 'Taranto, se mi vuoi, io ci sono...'

Intervista all'ex azzurro, vincitore di un argento ad Atene 2004 e di due Europei
   Redazione MRB.it

30 Maggio 2020 - 13:38

Tempo di lettura: 5 minuti

Pensate ad un giocatore che parte da Gorizia per stabilizzarsi a Francavilla Fontana e tra arrivo e partenza passa da Nord (Modena, Ferrara, Bologna, Perugia) a Sud dell’Italia (Martina Franca, Vibo Valentia, Taviano), viaggia in tutto il mondo con la nazionale azzurra (vince due Europei uno nel 2003 e l’altro nel 2005 ed una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene 2004) e colleziona esperienze all’estero in Russia, Grecia, Polonia e Turchia.

Il suo nome è Matej Cernic, schiacciatore classe 1978, e non ne vuole sapere di mollare il parquet anche perchè la sua è una generazione di fenomeni bis. Basti evidenziare che Samuele Papi (classe’73, ha chiuso con il volley appena tre anni fa), Alessandro Fei (classe ’78 ha appena annunciato il ritiro dopo un’ultima stagione a Piacenza), Alberto Cisolla (classe ’77, gioca in A/2 a Brescia) , Cristian Casoli (classe ’75 anni gioca in A/3 a Cuneo).

“Ho smesso di giocare ad altissimo livello qualche anno fa quando mia moglie ha scoperto di aspettare un figlio ed io ero in Turchia al Fenerbache. Poi ho deciso di restare vicino casa (lei è di Francavilla Fontana, ndc) e ho giocato diversi campionati in A/2 e l’ultimo in serie B a Bari” – racconta l’ex schiacciatore della Prisma Volley della stagione 2008/09, quella del trasferimento a Martina Franca.

“Ho un buonissimo ricordo di quella stagione, sopratutto perchè ho avuto la possibilità di conoscere mia moglie (ride..). Forse i risultati ottenuti non sono stati in linea con i programmi della società (salvezza, anziché play-off) ma gli infortuni di alcuni giocatori importanti come Granvorka e Moltò ci hanno penalizzati. Eravamo una buona squadra e ricordo un pubblico molto caloroso. Mi sono trovato veramente bene”.



Matej il tuo nome sta circolando attorno alla Prisma Volley Taranto che è rientrata nel volley acquisendo un titolo sportivo di A/2. Sei già stato contattato dal club del presidente Bongiovanni?
Al momento non c’è niente di concreto. Ho fatto qualche settimana fa una cordiale chiacchierata telefonica con il presidente. Conosco bene Antonio Laforgia, socio e direttore generale della Prisma Volley, perchè la scorsa stagione era il mio presidente a Bari. Conosco coach Di Pinto, con il quale ho vinto una Challenge Cup a Perugia e del quale ho grande stima. A livello di tecnica lui è uno dei migliori allenatori attualmente in circolazione.

È chiaro che mi farebbe piacere giocare a Taranto, non solo per stare vicino la mia famiglia, ma sopratutto perchè alla mia età cercare nuovi stimoli è importante. Confrontarsi con dei giovani di prospettiva dà carica. Lo sport è competizione e avere di fronte dei giovani ti porta a dimostrare di essere ancora in grado di dire la tua in campo. Sono una persona umile ed il posto in squadra so che me lo devo guadagnare anche se mi chiamo Cernic. Fisicamente sto bene, a livello tecnico non posso mettermi in discussione e questi sono alcuni dei motivi per i quali continuo a giocare. Anzi ho più voglia di giocare adesso che quindici anni fa. Ho maggiore esperienza a livello di gestione mentale, non vivo più la pallavolo come un lavoro ma per quello che è, ossia un gioco. Sento ovviamente la responsabilità di essere da esempio per i più giovani perchè sono l’atleta più anziano e quello con una carriera di livello alle spalle. La pallavolo è stata la mia vita e quando arriverà il momento di avere il coraggio di dire basta lo farò ma per ora questo momento non è ancora arrivato”.

Quanto è cambiata la pallavolo negli ultimi anni in Italia a livello di competitività?
La scuola tecnica è cambiata parecchio, c’è stato un vuoto generazionale che stiamo colmando in questi ultimi anni. Il movimento è in risalita. Sono fiducioso. Vedo fermento in giro e tanti ottimi giovani di prospettiva.
C’è stato un periodo in cui nel campionato italiano militavano i più forti giocatori al mondo cui ha fatto seguito una fase durata 5-6 anni, diciamo fino a qualche stagione fa, in cui il livello della serie A italiana è sceso a causa della concorrenza di altri campionati. In Turchia, Polonia, Russia circolavano molti più soldi ed i giocatori sceglievano l’ingaggio migliore.

Qual’è il posto più particolare dove hai giocato?
Sicuramente la Siberia. Mi è rimasta impressa nella memoria questa esperienza. Un’incredibile sbalzo termico tra l’esterno con meno 50 gradi ed un paesaggio glaciale e la palestra dove ci allenavamo in calzoncini con temperature vicine ai trenta gradi. Quell’anno mi tolsi la soddisfazione di vincere una Coppa Cev, battendo in finale una squadra italiana, Piacenza. E’ stata una bella esperienza sotto tutti i punti di vista anche perchè con la lingua sono stato agevolato dal fatto che in squadra tutti parlavano italiano avendo militato nel nostro campionato.

Sei rammaricato per non aver mai vinto uno scudetto in Italia?
Ci sono andato vicino qualche volta con Modena arrivando in finale ma il rammarico più grande è non aver partecipato ad una seconda Olimpiade (Pechino 2008, ndr) perchè infortunato.

Quali sono i giocatori più forti che hai potuto ammirare nella tua carriera?
Ce ne sono tanti, ho avuto il piacere di avere come compagni di squadra e come avversari tanti campioni di livello mondiale. Sono cresciuto con il mito di Kiraly e ho ammirato Papi, con il quale ho anche giocato in nazionale. Questi sono i due giocatori ai quali mi sono ispirato tecnicamente e fisicamente; giocatori non molto alti e tecnicamente perfetti.

Quali sono le gare che ti sono rimaste più impresse nella tua memoria?
La finale mondiale di Roma 2005 al Palaeur, Italia- Russia, vinta davanti ad oltre diecimila persone ed una gara del girone di qualificazione alle Olimpiadi di Atene 2004, persa contro il Brasile per 3-2. Una sorta di finale anticipata, dove ci fu una battaglia senza esclusione di colpi e nella quale ricordo che giocai davvero bene.

Fonte: CorrierediTaranto.it

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