TARANTO FC

Molinari: 'Un onore giocare per il Taranto, sarei rimasto. Ritiro? Inizia una nuova vita'

Intervista esclusiva all'ex attaccante rossoblù

Hernan Molinari - Foto Luca Barone

   Cosimo Palumbo

02 Maggio 2020 - 08:00

Tempo di lettura: 5 minuti

Oggi noi di MondoRossoBlù.it abbiamo intervistato Hernan Molinari, bomber argentino che ha vestito la casacca del Taranto dall'inverno del 2012 al 2014 siglando 35 reti. Il classe '82 di La Plata ha annunciato il ritiro dal calcio giocato e, nel corso dell'intervista, ci ha parlato dei suoi progetti futuri, della sua carriera e della sua esperienza in maglia rossoblù.

Ciao Hernan. Iniziamo dall'attualità, i campionati sono bloccati e il futuro è incerto. Che idea ti sei fatto su una eventuale ripresa?
Sicuramente la situazione non è buona, non è il massimo giocare e rischiare di contagiarsi. Credo che ritornare sui campi diventi sempre più difficile, anche se sarebbe uno svago per distrarsi un pò dalla pesantezza di questo periodo. Per tutto il movimento calcistico ci vorrà tempo per riprendersi.

Pochi giorni fa hai annunciato il tuo ritiro e il conseguente ritorno nel tuo paese, l'Argentina. Com'è maturata questa scelta?
Avevo questa idea già da inizio stagione, quando firmai per la Fermana sapevo che questo sarebbe stato il mio ultimo anno da calciatore. Adesso mi dedico alla famiglia, mia figlia ha iniziato la scuola in Argentina ed è il momento di intraprendere una nuova vita. La Fermana mi aveva anche offerto il rinnovo del contratto, in giallobù stavo bene, giocavo in Serie C e avevo anche segnato quattro gol; sentivo, però, che era il momento di lasciare. Sarei dovuto rientrare in Sud America a Giugno ma, data la situazione, l'ambasciata mi ha anticipato il volo.

Facciamo un salto indietro e parliamo della tua esperienza a Taranto, che ricordi hai?
Sono i ricordi migliori della mia carriera, ho sempre detto che in rossoblù mi sono trovato benissimo. In passato sono stato contattato da calciatori che erano stati chiamati dal Taranto e mi chiedevano dei consigli, ho sempre detto di accettare in quanto si parla di una delle migliori piazze d'Italia. Giocare allo Iacovone è una fortuna e deve essere un onore, è uno stadio che, indipendentemente dalla categoria, ti fa sentire un calciatore vero.

A proposito dell'effetto Iacovone, che rapporti avevi con l'intero ambiente?
È un posto molto caloroso proprio come noi argentini. Ho sempre nutrito del sentimento per Taranto, pensa che in questa città mi sono sposato e ancora oggi ho tantissimi amici. Come già detto, lo Iacovone è uno stadio speciale: giocare e indossare la maglia rossoblù ti fa sentire un vero calciatore, è una cosa che va aldilà della categoria. Pur essendo un tipo di ambiente con delle tensioni particolari, bisogna accettarle e devi essere onorato di avere certe pressioni. Se ti fischiano perché vai male ci si deve ricordare che si sta giocando per una piazza importante e bisogna dare il massimo.

Adesso entriamo nello specifico. C'è un gol, un momento o una partita che ricordi con particolare piacere?
Il gol contro il Matera fu stupendo, venivamo da una settimana particolare e credo che se fosse stato tutto in regola quel campionato l'avremmo vinto. Dopo la partita uscimmo fuori dallo stadio ad esultare con i tifosi, fu l'emozione più bella della mia carriera.

Hai qualche rimpianto?
No, ho sempre dato il cento per cento mettendo quello che avevo. Ci sono state partite vinte e perse, potevamo commettere qualche distrazione in meno come, per esempio, il pareggio subito nel finale a Marcianise.
Porto Taranto nel cuore e sarei rimasto anche la stagione successiva, avevo già l'accordo ma la nuova società mi disse che non facevo parte del progetto e, com'è giusto che sia, mi lasciò andare via. Poi ci sono tornato da ex, capisco gli insulti dei tifosi, lo sono anche io, ma non fu colpa mia. Ripeto che sarei rimasto a lungo, piansi tanto quando andai via.

Parliamo, invece, della tua carriera. Sei arrivato in Italia nel 2003 e hai militato in diverse categorie come la Promozione, l'Eccellenza, la Serie D e la Serie C. Ti ritieni soddisfatto di quello che sei riuscito a fare?
Ho realizzato il mio sogno. Tutto iniziò durante il mondiale italiano del '90, da li in poi non ho mai smesso di sognare, avevo come idolo Bruno Marioni, un attaccante argentino non molto famoso in Europa. Non potevo mai immaginare di avere una storia d'amore cosi bella con il calcio, di questo sono felice e ringrazio Dio per ciò che mi ha dato. In Italia sono stato molto bene sia a livello umano che calcistico. Quando segui un sogno e lo vedi realizzarsi ti senti l'uomo più fortunato del mondo, non puoi non essere soddisfatto.

Ora che non dovrai più decidere le partite con i tuoi gol, che progetti hai? Ti piacerebbe continuare a lavorare nel mondo del "pallone"?
Per me adesso inizia una nuova fase della mia vita, devo trovare un lavoro esterno al calcio e dedicarmi alla famiglia. Non mi piace l'idea di allenare, non riuscirei ad avere un gruppo di venticinque giocatori per poi mandarne in campo solamente undici, non mi piacerebbe lasciar fuori il resto negando loro la possibilità di giocare. Magari, insieme al mio procuratore e al ds della Fermana, lavorerò alla ricerca di qualche ragazzo promettente da segnalare; il tutto, però, in contemporanea con un lavoro esterno al calcio.

Vuoi porgere un saluto ai nostri lettori e alla città?
Ho Taranto nel cuore, ho vissuto una storia d'amore degna di essere ricordata. Una città cosi bella, con una tifoseria importante e con uno stadio fantastico, merita minimo la Serie B. Il calcio è in debito con il Taranto, un giorno lo riporterà in alto. Un saluto a tutti.

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