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Emiliano Fraccica |
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Tempo di lettura: 2 minuti
Sono andato a visitare il Camp Nou di Barcellona l’11
dicembre del 2019. Può sembrare una data come tante, ma il giorno prima i
catalani avevano eliminato l’Inter (la squadra per cui tifo) dalla Champions.
Insomma, ce l’avevo a morte con Messi e compagnia bella, ma avere la
possibilità di andare in uno degli stadi più iconici d’Europa non è cosa di
tutti i giorni, e così ne ho varcato la soglia.
L’impatto che può avere una struttura come il Camp Nou è
davvero mostruoso, non è stato difficile sentirmi piccolo piccolo di fronte a
uno stadio enorme come quello.
Mi sono imbattuto subito nel museo, una grande sala piena di
memorabilia, trofei, ma soprattutto
storia. I miei occhi si sono riempiti avidamente del racconto di quella
creatura che, passo dopo passo, è diventata il Barcellona che oggi tutti
conosciamo.
Spiccavano in bella mostra le cinque Champions League vinte, l’ultima delle
quali conquistata, e lo dico con un pizzico di goduria, ai danni della
Juventus.
Non poteva mancare l’angolo dedicato a Leo Messi, considerato un vero e proprio
dio in Catalogna: davanti a una sua gigantografia apparivano luccicanti 5 dei 6
Palloni d’Oro messi in saccoccia (l’ultimo l’aveva vinto solamente nove giorni
prima).
Dopodiché il tour è proseguito con l’accesso agli spalti e
al terreno di gioco: la solennità del Camp Nou si capisce per davvero in quel
momento, quando dai corridoi bui ti si apre la scritta “Mes que un club”, più
di una semplice squadra. Calpestare poi la stessa erba su cui in varie epoche
hanno camminato e corso mostri sacri del calcio come Crujiff, Maradona,
Ronaldinho è semplicemente da pelle d’oca.
Dopo un veloce selfie sulle panchine e aver notato, non senza stupore, che fossero
in vendita piccole zolle di terreno o stralci delle reti, risalenti a diverse
partite del 2019, la mia visita è
proseguita accedendo alla tribuna stampa, dove ho avuto modo di fare un
accurato paragone con quella dello Iacovone (anche se non credo che a
Barcellona ci sia qualcuno che, come il signor D’Andria, ti passi il foglio con
le formazioni senza che tu glielo avessi chiesto).
Lasciandomi poi gli spalti alle spalle è stata la volta
della cosiddetta “zona mista” e della sala delle conferenze stampa, e subito
dopo degli spogliatoi. Non ho potuto fare a meno di notare la vasca
idromassaggio dove magari, qualche anno fa, Iniesta e Xavi conversavano
allegramente dopo aver fatto magie in campo.
Per concludere un salto allo store, giusto per dare un’occhiata
dato che i prezzi erano esorbitanti.
Il tour sicuramente è valso quanto speso col biglietto, il
mondo Barcellona non poteva avere un tempio diverso dal Camp Nou per celebrare
i suoi 110 anni di campioni, vittorie e gloria.