Redazione MRB.it | |
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Partiamo dal presupposto che quando si organizzavano le trasferte in auto si cercava di stare attenti ad eventuali altre carovane di tifosi di altre squadre sulle strade e, quando il viaggio muoveva qualche centinaio di tifosi, anche ai... tarantini. Non è cosa nuova che ci si potesse incrociare con il “fuoco amico” e alle volte era meglio evitare gli assembramenti agli autogrill.
Il Taranto ha battuto in casa il Catania con un gol di Riganò, il morale è a mille: Taranto secondo a 3 punti dall’Ascoli, 5 squadre in un fazzoletto. Ad Avellino ci si aspetta una prova di maturità. Posticipo del lunedì sera, nonostante ciò qualche centinaio di tarantini si mette in auto e parte alla volta della Campania. Noi noleggiamo un 7 posti e partiamo. Radiotifo fa sapere quale è l’uscita autostradale da prendere per raggiungere il Partenio, la saltiamo. Prendiamo l’uscita successiva e ci ritroviamo nel centro di Avellino, di lunedì sera. “Per fortuna l’auto non è targata Taranto”, pensiamo. Bloccati nel traffico è come sentirsi in trappola. Occhi aperti, quelli di Avellino non sono tanto dolci di sale.
Parcheggiamo ed entriamo allo stadio: siamo davvero tanti. Ad accoglierci, e ad accompagnarci per tutta la gara, lanci di monetine, accendini, pietre, bottiglie di birra. I locali si placano quando i biancoverdi passano in vantaggio e raddoppiano prima della fine del primo tempo. Il Taranto non c’è e la festa di torce e fumogeni lascia il posto allo scoramento e alla rabbia. Pastore accorcia le distanze ma D’Angelo chiude il match: pensiamo già al ritorno a casa e alla giornata lavorativa da affrontare con poche ore di sonno. Triplice fischio, scendiamo dal secondo anello e troviamo la polizia schierata davanti l’ingresso, si aspetta il deflusso dei tifosi di casa per farci uscire. Vola qualche parola di troppo, ad un certo punto una grata recuperata da terra viene lanciata verso il cordone di polizia: parte la prima carica e il lancio di lacrimogeni ad altezza d’uomo. Pensiamo che ritornare sui gradoni sia un buon rifugio, ma la nuvola urticante ci raggiunge e ci prende in pieno. A posto…
Passa forse un’ora, finalmente usciamo, a tentoni e con gli occhi lacrimanti riusciamo ad arrivare al pullmino. Ci assicuriamo che il nostro autista riacquisti la vista e ci rimettiamo in auto. Siamo stanchi, infreddoliti, affamati. Ormai è quasi mezzanotte. Abbiamo la sfortunata idea di fermarci ad uno dei primi autogrill per un caffè o per la “rustichella”, ossessione di ogni domenica sull’autostrada. Arrivano due autobus dei “nostri”, ancora carichi dopo gli scontri con la polizia. È ora di andar via, si sta per scatenare l’inferno. Ci rimettiamo in viaggio e ci defiliamo, lasciandoci alle spalle un saccheggio vero e proprio della stazione di servizio. Ci diranno che la polizia bloccherà tutti e che in tanti arriveranno a Taranto il mattino dopo. L’adrenalina ci risveglia, restiamo a chiacchierare fino a Taranto per far compagnia ad Augusto che guida e pensiamo già alla trasferta della domenica successiva: Ascoli, la capolista.