ATTUALITA'

Picci: 'Situazione imprevedibile. I miei anni a Taranto? Lì ti senti calciatore'

Intervista al difensore che ha indossato la maglia rossoblù dall'86 al '90
   Emiliano Fraccica

23 Marzo 2020 - 08:00

Tempo di lettura: 3 minuti

Oggi noi di MondoRossoBlù abbiamo intervistato Silvio Picci, difensore che ha indossato la maglia del Taranto dal 1986 al 1990. Abbiamo parlato sia dell'attuale situazione in Italia che della sua parentesi in riva allo Ionio.

Silvio, un'emergenza sanitaria che ha sconvolto il Paese indubbiamente
Direi proprio di sì. La situazione, lo sappiamo tutti, è complicata, ma adesso è prioritario tutelare la salute. Da un anno e mezzo ho una scuola calcio di perfezionamento tecnico, e naturalmente abbiamo chiuso anche noi. Ora in casa faccio aggiornamento guardandomi vari filmati, e poi gioco a calciotennis nel cortile con mio figlio, si cerca di restare occupati. La cosa più giusta da fare adesso è attuare i provvedimenti del Governo, e prenderli con coscienza. Dobbiamo affrontare questo nemico, resisteremo. 

Il Coronavirus non ha fermato solamente le attività produttive ma ha dilaniato anche il calcio italiano
Esattamente. Col senno di poi potremmo dire che ci sia stato un po' di ritardo nel prendere una decisione. Sappiamo che, per quel che riguarda il calcio professionistico, ci sono molti interessi economici, al contrario di quello dilettantistico, ma io penso che chi ha avuto la facoltà di decidere abbia dovuto "navigare a vista", in una situazione non facile. La chiusura, in ogni caso è stata un bene perché abbiamo visto che ci sono casi di calciatori positivi anche se asintomatici. Non mi sento neanche di condannare qualcuno per lo stop tardivo, ci si muove monitorando i dati e poi dopo improvvisamente scoppia la bomba, non sai mai come prevederlo. Credo di aver capito che per il calcio giovanile la sosta sarà ancora più lunga, al contrario di quello professionistico, e nel caso di realtà giovanili come quella di cui mi occupo penso che la stagione sia finita.

Dato che, per ora, non si gioca più, parliamo dei tuoi anni al Taranto. Cosa ricordi di quell'esperienza?
Sono arrivato a Taranto l'anno dopo che la squadra aveva centrato la promozione in B, quindi ero molto carico, come tutto l'ambiente. L’annata non è partita bene, poi nel girone di ritorno siamo riusciti a recuperare, fino ad arrivare ai famosi spareggi di Napoli con Campobasso e Lazio. La salvezza dopo aver centrato la vittoria contro i biancocelesti, è un ricordo ancora nitido nella mia memoria. Se poi mi chiedi quale partita mi porto nel cuore è sicuramente Triestina-Taranto 4 a 6 (dove ho anche segnato). Il ricordo più amaro è senza dubbio la retrocessione in C dell'88, ma poi siamo stati bravi l'anno dopo a recuperare la serie cadetta.

E ora come lo vedi questo Taranto?
Seguo la squadre costantemente, dà l’idea che proprio non riesca a salire di categoria. Contestazione? Non so precisamente cosa venga obiettato alla società, ma sappiamo che una città che ha vissuto il calcio professionistico per molti anni possa avere una specie di “ossessione” nel voler tornare a quei fasti. Va fatta sicuramente una programmazione nella maniera giusta, e questa richiede chiaramente del tempo. Capisco anche che la città non ne voglia più sapere della D. Ci vogliono poi giocatori e persone giuste per questa progettazione, se spiegata per tempo e nei fatti, i tifosi credo sarebbero disposti anche ad aspettare un anno in più.

Un saluto ai lettori che sono a casa
Vorrei rivolgere un augurio incondizionato per tutti i tarantini, ho passato lì molto tempo, e attraverso i social sto ricevendo messaggi affettuosi di ricordi, e di grande riconoscenza. Vero, in città sembrava sempre di vivere su di una sorta di "altalena", si passa dall'esaltazione per una vittoria all'abbattimento per una sconfitta, ma sono stati anni belli. A Taranto ti senti calciatore.

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