Redazione MRB.it | |
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Quando il Taranto retrocesse, fallì la prima volta,
dopo la partita contro il Cesena, ci fu un passaggio abissale col mondo dei
dilettanti. Le prime partite della stagione furono Maglie, Taranto Nardò in e Avigliano
in casa e lì ci rendemmo conto dove eravamo finiti. Le prime partite - come
tutte le squadre che retrocedono- manifestano il proprio orgoglio di
appartenenza e lo Iacovone contava circa 7 mila spettatori, ma dopo quelle
tutto iniziò a scemare perché le successive furono squallide e quel montepremi
di spettatori si riduceva sempre di più.
Anche in trasferta ci riducemmo: una
quindicina o ventina, al massimo, cinquanta persone alle trasferte più
importanti. Ma questa cosa ci rafforzò moltissimo perché eravamo sempre gli
stessi, tutti aspettavano i “tarantini” e questo ci gasava: negli anni, restando
nei dilettanti, ci rendemmo conto che all’epoca andare in Campania - erano
delle partite difficili - non era come andarci
oggi. Nella composizione nei gironi speravamo di essere buttati in quello
molisano anziché in quello laziale, ma finivamo sempre in quello stesso e “fantastico” girone campano con le pugliesi.
Ogni domenica era una battaglia, ma l’orgoglio era che tutti aspettavano la
magica e famosissima tifoseria del Taranto: per questo ci sono tanti episodi da
raccontare: in particolare ricordo quella di Eboli, perché accadde tutto ciò
che un tifoso non si aspetta possa succedere.
Arriviamo in questo paese famoso dal
detto “Cristo si è fermato ad Eboli” : non era lo stadio in erba confortevole
di ora, ma all’epoca era fatto di terra battuta. Gli ebolitani ci accolsero
abbastanza bene, nonostante la nomea di “tifoseria violenta”. All’inizio fu
tutto tranquillo, amichevoli con noi soliti 30- 40 tarantini. Ma la partita non
stava andando per il verso giusto, per entrambi, loro avevano interesse a
chiudere quel campionato perché dovevano salvarsi, invece noi non navigavamo
nelle sfere altissime del campionato.
Però avevamo uomini veri come Totò Cangiano, il compianto Aloiso Tallilli,
Bruno Incarbona e in porta il buon Alberga, uno dei migliori portieri che
avessimo mai avuto. Quel giorno, appunto, la partita non stava andando bene e
finimmo il primo tempo 0-0. Per dimostrare la loro accoglienza, uno sponsor
dell’ebolitana ci offrì il latte, non birra! Nel secondo tempo le cose si
misero male e iniziarono i primi sfottò, noi dal canto nostro non ci tenevamo
gli insulti e la situazione stava degenerando.
Ad un certo punto, al quarto
d’ora dalla fine, successe che avemmo un rigore contro e -essendo un campionato
nullo - volevamo non andasse. Il centro
avanti avanza, fa un rigore, il nostro Alberga lo para e fa un rinvio, su
questo Totò Cangiano fa un tiro al volo e segna sotto l’incrocio: si scatenò il
putiferio. Noi – la squadra più sfigata d’Italia- avevamo avuto una parata e un
rilancio a nostro favore, dunque come potete capire, scoppiò davvero l’inferno:
ce la vedemmo brutta, i giocatori si barricarono negli spogliatoi, spuntarono
delle armi bianche fummo costretti a difenderci. Questo fu uno degli aneddoti
di quegli anni che io ricordi.