TARANTO FC

Aldo Monza: 'Per me Taranto è stato il posto perfetto dove vivere e giocare'

Intervista esclusiva all'ex capitano rossoblù
   Angelica Grippa

05 Dicembre 2019 - 08:00

Tempo di lettura: 3 minuti

Signor Monza, ci parli del suo arrivo a Taranto, cosa la portò qui e come le sembrò la città e l'ambiente all’inizio…
Arrivai nella città jonica nel 2000, mi chiamò il presidente Pieroni e mi disse che c’erano 10.000 persone in piazza poiché il Taranto era stato ripescato in C2. Conoscevo già l’importanza della piazza e il grande calore della gente. Incontrai il presidente a Norcia dove la squadra era in ritiro, trovammo l’accordo e firmai. La città mi è sempre piaciuta, il centro storico è splendido, così come la parte nuova. Io e la mia famiglia ci siamo trovati benissimo, è un ambiente speciale per me perché adoro il calore della gente e della tifoseria. Per me Taranto è stato il posto perfetto dove vivere e giocare.

Due stagioni con la maglia rossoblù, capitano del Taranto, un breve resoconto della sua esperienza in riva allo Jonio…
Si due stagioni, la prima in C2 dove vincemmo il campionato, una bellissima annata, siamo partiti con qualche difficoltà e l’esonero dell’allenatore, poi arrivò Silva e da lì la squadra iniziò a fare risultati importanti. Mi ricordo della partita decisiva per la vittoria del campionato: eravamo a Castellamare di Stabia bastava forse un punto e raggiungemmo quell’obiettivo. Nel secondo anno in C avemmo qualche difficoltà, io ebbi qualche scontro con il mister Capuano ma con l’arrivo di Simonelli cambiò tutto e in quel campionato purtroppo non si concluse come speravamo con l’approdo in B, perdemmo la finale con il Catania. Ho giocato in due squadre molto forti, la nostra forza era il gruppo perché stavamo molto insieme, ci divertivamo molto, ci allenavamo con la voglia di stare insieme e in campo questo rapporto si vedeva. Molto compatti e lottavamo insieme per la maglia.

Perché lasciò Taranto?
L’ho lasciata per una scelta di vita, dopo la nascita della mia secondogenita, mia moglie con un’altra bambina decise di ritornare a casa. È stata una decisione molto difficile perché ero affezionato a quei colori e alla gente. Una decisone per amore della famiglia.

Com’era essere capitano del Taranto?
Una bella responsabilità, una piazza particolare e molto seguita, c’era tanto entusiasmo e tante aspettative. Per me è stata una bellissima emozione mettere la fascia, e ho sempre giocato per la maglia e per portare i colori rossoblù il più in alto possibile.

Quali erano le sue doti da calciatore, il suo ruolo in campo e le sue caratteristiche tecniche e umane?
Io ero un centrocampista, un calciatore di corsa giocavo in attacco e difendevo anche. Ero abbastanza aggressivo e come ruolo una mezz’ala.

Quali dovrebbero essere le doti che un capitano dovrebbe avere in campo e fuori, secondo lei?
Il capitano o è un leader di prestazione o un leader caratteriale. Io ora faccio l’allenatore e tra i due preferisco la seconda opzione. Per quanto mi riguarda cercavo di dare il buon esempio allenandomi sempre al massimo e fuori dal campo cercavo di essere leale e sincero con i compagni.

Segue il Taranto? Se si cosa pensa di ciò che sta vivendo di questa stagione? Del terremoto societario?
Si lo seguo ancora, penso che ogni anno ci sia sempre qualcosa che disturba e questa squadra non può militare in Serie D non è la sua categoria, si parla sempre e non si riesce a fare il salto di categoria. Bisogna remare tutti dalla nostra parte e io confido ancora nelle sue possibilità.

Cosa fa attualmente e ancora legato al mondo del calcio?
Attualmente sono viceallenatore al Südtirol, ho iniziato nel Venezia come secondo in Serie B prima di queste due stagioni.

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