Carlo Esposito | |
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Taranto al centro dell’attenzione. Taranto Capitale d’Italia. Taranto che fa sentire la sua voce.
Comincia così una settimana densa di “impegni”, quella della città jonica, che vede inaspettata la visita del premier Conte, nel cuore dello stabilimento siderurgico e al centro della problematica ambientale che ormai ha raggiunto e superato i 50 anni. Non sappiamo quanto il viaggio del Presidente del Consiglio sia volto esclusivamente alla necessaria e disperata risoluzione dell’ormai famoso scontro ambientale-lavorativo, ma una cosa è certa: con molta probabilità siamo ad una svolta epocale, ad un punto di non ritorno, all’ennesimo dentro-fuori, nel quale la città che grida, che pretende, che lotta e che soprattutto soffre, si è fatta sentire prepotentemente.
Mai smetteremo di dire che il problema più grande di questa città è rivolto alla SALUTE: non ci interessa il Pil nazionale, non ci interessa l’acciaio, si deve trovare una soluzione (suggerita in tutte le salse) al problema occupazionale; ma il grido che “a denti stretti” è passato sui media nazionali, la protesta che non viene assolutamente percepita a Treviso, Bologna, Perugia o in qualsiasi altra comunità lontana da noi, è che A TARANTO SI MUORE, E CHE A MORIRE SONO I TARANTINI.
Naturalmente non ci faremo abbagliare dall’assenza di cravatte istituzionali, dagli abbracci quasi fraterni, dai capelli presidenziali scompigliati e dai fuorvianti, poco formali e calcolati atteggiamenti amichevoli del signor Conte, che per “abbattere” i muri della diffidenza giunge a Taranto comunque “senza soluzioni” (come se il problema Ilva-Mittal fosse sorto tre giorni fa) e si accomoda sui banchi, volendo far credere visivamente nel distacco da ben altre poltrone.
Appare invece abbastanza evidente quanto il Presidente del Consiglio sia “solo” e alla deriva politica, e fidandoci esclusivamente del nostro naso, sia venuto “anche” per riempire il cesto del suo consenso: occhio!
Parallelamente si attende la domenica per assistere all’altra battaglia (sportivamente parlando), quella dei ragazzi di mister Panarelli, chiamati alla vittoria contro la squadra dell’Agropoli. Notiamo che è ancora permesso scendere di casa relativamente tardi: la fila all’ingresso dello stadio è ancora scarsa, segnale che c’è ancora tanto da fare e che l’entusiasmo va ancora cercato, conquistato e meritato. E notiamo ancora una volta quanto, a distanza di pochi giorni dall’evento accentratore della visita presidenziale, i controlli verso alcuni tifosi storici, siano più capillari forse ad evitare strascichi e striscioni contro le alte cariche dello Stato.
Superato il tornello un enorme prato verde si staglia lì dove un tempo un campo in terra battuta, ha visto saltare crociati e caviglie; e anche in questo caso ci si pone il quesito di come possa essere possibile aver dovuto aspettare decenni prima di poter vedere completato il campo parallelo allo stadio Comunale: eppure, facendo le dovute proporzioni, di “cravatte istituzionali” ne abbiamo viste passare tante anche qui!
Il terreno di gioco è uno spettacolo verde, bellissimo, rigoglioso e da impatto, cosi come da impatto risulta lo striscione in curva Nord che invita (anche questa settimana) qualcuno non desideroso di viaggiare verso la Serie C, a scendere dal treno.
Sulla gara poco, o molto, da dire perché la serenità e la voglia di vincere che mister Panarelli ha trasmesso al Taranto nell’ultimo scorcio di mese, non sembra vera. Una squadra completamente cambiata, rivoluzionata sotto alcuni punti di vista.
Al netto delle assenze, in difesa la quadratura è ritrovata con 1 gol in tre partite.
Le fasce esplodono di iniziative, Pelliccia, quasi, sui livelli della scorsa stagione e tutto il reparto di attacco (diviso tra punte, trequartista e centrocampo, in base al bisogno fisiologico e di equilibrio della squadra) a segno.
Con un Taranto che chiude il primo tempo sul 4 a 0, passa quasi inosservato che gli ultimi due gol della prima frazione di gioco, siano stati realizzati nel pieno recupero al 46' e al 48'.
Se conosciamo minimamente Panarelli, sono questi numeri e particolari, il frutto del giovane mister.
Il secondo tempo è accademia, volta a far ruotare i presenti in panchina per minutaggio e il conseguente inserimento in un principio di gioco che (è lampante quanto evidente) per qualcuno è più che congeniale.
In tutto questo mi preme sottolineare l’esultanza rabbiosa e commovente di Genchi, che dopo la realizzazione della prima segnatura, sfoga finalmente la sua voglia di essere determinante, e dopo la seconda esterna la felicità di esultare con la curva e con tutti i tifosi presenti. Se anche Genchi si sblocca del tutto, questo Taranto può essere assolutamente padrone del suo destino.
Destino che deve conquistarsi con caparbietà e impegno, un altro componente assolutamente indispensabile per questo Taranto: Leo Guaita.
Ma se queste sono le premesse, ci vorrà ancora poco per permettere a mister Panarelli di recuperare completamente un calciatore devastante, un valore aggiunto e un uomo cardine per la causa rossoblù, fermo restando che come spiega in conferenza stampa l’allenatore “…quello che magari non è palesemente evidente ai più, è comunque propedeutico per la squadra e dà equilibrio alla stessa, al netto di un attaccante che svolge il ruolo di centrocampista...”.
Insomma, con la dovuta calma, possiamo dire di aver ritrovato un Taranto con carattere (svanito nelle prime otto gare di campionato), sicuramente più convinto e sereno e, cosa confortante, con più soluzioni decisive nel carniere.
Per la nostra squadra, oggi, possiamo con certezza fare un nodo alla “cravatta” e dire che i “conti” cominciano a tornare...
Per la città, a distanza di quasi una settimana, non possiamo ancora pensare di farlo, il nodo alla “cravatta” perché il “Conte” non sappiamo quando e se tornerà…
Buon Taranto, avanti Taranto