Angelica Grippa | |
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Oggi intervistiamo ai microfoni di MondoRossoBlù, un ex centrocampista che indossò per due volte la maglia del Taranto: dal 2013 al 2015, poi abbandonò la piazza jonica per poi ritornarci dopo qualche mese.
Il suo arrivo a Taranto: cosa la portò nella città jonica?
Feci questa scelta perché fui colpito dalla voglia societaria che c’era in quel periodo di andare nel professionismo. Io giocavo a Pagani in Serie C1 e in estate fui contattato dai dirigenti rossoblù, e anche da qualche compagno di squadra. Così ebbe inizio la trattativa che si concluse in breve tempo per l’accordo.
La sua prima esperienza a Taranto, com’era l’ambiente? Il rapporto con la società e con i compagni?
Le prime due stagioni sono state magnifiche, questa è una piazza molto esigente, vuole vincere e ti perdona poco. In un anno ci furono alti e bassi, ma questo può capitare a chiunque con momenti di grande contestazione e momenti esaltanti. E’ ovvio che in un campionato lungo si alternano i periodi. Concludemmo al secondo posto, davanti a noi c’era il Matera, poi tutti sappiamo quello che successe, quel campionato lo perdemmo ma non in campo ma per altre dinamiche.
In quali fra le stagioni passate a Taranto ha maggiori rimpianti?
Rimpianti in nessuna stagione: ho vissuto qui due anni poi sono andato via, poi sono ritornato il terzo anno a metà stagione.
Perché andò via dopo le prime due stagioni?
Andai via perché entrò la nuova società, io ne ho cambiato tre in questa esperienza. Il secondo anno c’era Campitiello come presidente e il Ds Montervino, quest’ultimo andò via insieme e si creò una spaccatura con alcuni calciatori. Si pensò che gli artefici di questa frattura interna eravamo 3-4 calciatori, ma non andò così, e quando incontrammo il presidente difendemmo anche Montervino. Questo screzi interni furono i motivi che mi spinsero ad andar via da Taranto, cercai un’alternativa e valutando le richieste scelsi la Virtus Francavilla.
E quando tornò?
Tornai dopo 4 mesi perché non mi piaceva l’ambiente della Virtus, lasciai tanti soldi pur di ritornare a Taranto.
Com’era il suo rapporto con i tifosi?
Sono molto schietto, diretto e non ho peli sulla lingua, con i tifosi avevo un rapporto splendido, sono stato stimato. Ovviamente puoi sempre trovare una frangia della tifoseria che non ti ama particolarmente come calciatore. Ma questo è il rischio di una piazza calorosa come quella jonica. È una tifoseria eccezionale, che ancora soffre, non voglio dire cose che sembrano scontate ormai.
Ricorda qualche match in particolare disputato nel Taranto?
Ce ne sono tantissime che custodisco nel cuore, ma una in particolare perché legata ad una vicenda personale. Il 3 maggio Taranto-Puteolana e feci un gran gol: il giorno antecedente mia moglie era entrata nel quarto mese di gravidanza e le dissi aspettiamo domani e rendiamo tutti partecipi di questa notizia, e coincise proprio con il gol più bello e importante della mia carriera. Ho vissuto tantissime belle partite a Taranto.
Che tipo di calciatore era in campo? Le sue doti?
Io ero un allenatore in campo, anche a 20 anni aiutavo quello più grande. Per fama ho sempre avuto questo ruolo in mezzo al campo, con gli anni cresce anche la personalità e impari ad essere più scaltro. Ero molto duttile come calciatore.
Segue ancora il Taranto?
Si, non in modo assiduo. Il calcio giocato ormai è finito, ma mio figlio è nato a Taranto, mia moglie è di lì, avrà sempre un posto speciale.
E’ ancora legato al mondo del calcio?
Un anno e mezzo fa, ho deciso di smettere con il calcio giocato. Ma ho una scuola calcio in Sicilia, dove vivo.