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Maradona mano de dios, le debolezze di un uomo divenuto mito

Dalla rubrica dedicata ai film sul calcio, 'Cinema Footlball Club'
   Angelica Grippa

19 Marzo 2020 - 19:05

Tempo di lettura: 4 minuti

‘Sai amore che qui c’è uno che dice di essere Napoleone…e tutti gli credono. Poi c’è un altro che dice che è il Papa…e tutti gli altri gli credono. E io amore mio, io dico che sono Maradona…e non mi crede nessuno’
Diego Armando Maradona

Maradona-Mano de Dios: è un film di Marco Risi del 2006, dove con maestria e una rapida successione di flashback, si cerca di ricostruire i capitoli salienti della storia del fuoriclasse argentino che ha cambiato per sempre la storia del calcio. Sullo schermo vediamo alternarsi un Diego ragazzino, un Diego calciatore e un Diego sregolato, tossicodipendente e autolesionista. Nato in una famiglia poverissima ha in testa solo una cosa: il pallone. Il film parte dai primi tiri in campo, dal Boca Juniores sino a quel viaggio oltreoceano che lo porterà a vestire la maglia del Barcellona e poi al Napoli, il posto dove è nato il mito, dove è stato idolatrato come da nessun’altra parte.

Diego, uno dei più grandi numeri 10 del mondo, e per molti il numero uno assoluto, esordì a soli 16 anni nella prima squadra del Boca Juniors, ma è con la maglia del Napoli che vinse due scudetti (87/90) e una storica Coppa Uefa (89). Sopra ogni cosa il Pibe de Oro portò la sua nazionale sul tetto del mondo nel’86. Dal ’94 iniziò per lui un calvario senza fine, prima la squalifica per l’uso di sostanze illecite, poi il sovrappeso la depressione, e infine la lotta contro l’abuso della cocaina. Bravo Risi a ricostruire i profili di alcuni personaggi vicini al fuoriclasse, come il manager Coppola sempre in prima linea, il papà ‘Don Diego’, e la donna della sua vita Claudia, conosciuta durante l’adolescenza.
  
In questa pellicola, di calcio c’è ben poco, solo qualche scena d’archivio fra le partite più famose. Maradona ha emozionato milioni di tifosi, era un artista del calcio: sempre libero, fuori dagli schemi, come un artista maledetto componeva sinfonie in campo indimenticabili, ma fuori dal prato verde si dedicava alla vita spericolata, alle feste, ai tradimenti. La scelta di sacrificare la parte prettamente calcistica è giustificata dalla volontà del regista di portare sullo schermo soprattutto il Maradona uomo, con pregi e difetti, per renderlo più vicino ad ognuno di noi. I veri fan di Diego non ameranno questo film, perché lo riporta in una dimensione terrena che per molti non è appropriata al campione argentino. Diego è stato sì un ribelle, ha lottato contro e tutti ma soprattutto ha lottato contro se stesso, una parte che non è mai riuscito a controllare, l’istinto irrefrenabile di fare tutto senza preoccuparsi delle conseguenze.

Commovente l’ultima scena, la più bella del film dove Diego in un letto d’ospedale racconta alla moglie una barzelletta per sottolineare, che ormai negli anni del declino non lo riconosce più nessuno. Si evince una critica sottile al nostro paese, un'Italia perbenista affezionata alla finzione, da sempre terreno di falso moralismo.

Conclusione:
Le parti più intense restano quelle che descrivono l’infanzia del campione e i sogni di un ragazzo che in poco tempo arrivò sul tetto del mondo. Diego non ha a suo favore i numeri, né i pareri giornalistici e le recensioni, ha sempre diviso il mondo del calcio, ma una cosa sicuramente ce l’ha: l’amore incondizionato di tanti tifosi che lo collocavano come un dio su un olimpo a cui nessun altro campione della storia ha avuto accesso. Sotto i colpi della vita questo campione scomodo e dalle mille sfaccettature, fuori controllo e fuori da ogni regola prevista dal copione dei media, è per molti il numero uno di tutti i tempi. Non è il calciatore che ha vinto di più, ma in tutto il mondo si costruiscono ancora altarini per celebrare quello che è stato il dio in terra del calcio mondiale. Rappresentare tutto questo attraverso un film è opera ardua, bisogna compiere delle scelte, e Marco Risi con coraggio le ha fatte, perché a lui fondo interessava soprattutto la parte umana del mito. Tutto il film è condito da un dolce suono malinconico, che rende la storia narrata commovente e romantica.

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