TARANTO FC

Su Taranto-Catania mi hanno raccontato che...

Il 9 giugno del 2002 resta uno spartiacque per i tifosi rossoblù
   Redazione MRB.it

09 Giugno 2019 - 08:41

Tempo di lettura: 3 minuti

Se dovessimo elencare le delusioni vissute dai tifosi tarantini da quando esiste il calcio a Taranto staremmo qui ore e ore, in un elenco infinito di scottanti fallimenti. Ma c’è un episodio che ha riscritto la storia tra il Taranto e i suoi tifosi, quel fatidico 9 giugno 2002 quando allo Iacovone il Taranto di Riganò non riuscì a ribaltare lo 0-1 di Catania e perse l’occasione di tornare in serie B 9 anni dopo il fallimento.

Certo, le partite si vincono e si perdono, ma troppe cose non tornarono in quella giornata: squadra svuotata, senza mordente, nessun assalto alla porta di Iezzo e siciliani in serie B. Il patron Pieroni lasciò lo stadio dopo mezz’ora, a partita in corso, mentre il sindaco Di Bello in tribuna faceva imbarazzata compagnia al primo cittadino di Bari. 28.000 spettatori increduli assistettero ad una partita definita da molti una farsa.

Troppi dubbi, più di qualcuno parlò di partita venduta e tantissimi tifosi non tornarono allo Iacovone. Ancora oggi c’è gente che ripete: “sai da quand’è che non vado al camBo?” e la risposta è sempre quella: “Da Taranto – Catania”. Forse quel giorno fu il tradimento più rumoroso del Taranto verso i propri tifosi e, chissà se a ragione, tantissimi abbandonarono il Taranto, come si fa con un* amante fedigraf*.

Naturalmente, protagonista di quella stagione fu anche il presidente Massimo Giove, anche all’epoca numero uno del sodalizio rossoblù: ancora oggi molti diffidano in Giove perché nel calderone dei colpevoli ci andarono tutti, dirigenti, tecnici e calciatori. Tutti. In ritiro a Graz, a luglio, Riganò quando ci vide arrivare non salutò, ma esordì farfugliando qualcosa sul fatto che lui non si era venduto la partita. Nessuno gli aveva chiesto niente…

Pieroni, fuggito da Taranto, fu il primo indiziato: lui giurò e giura ancora amore verso il Taranto, ma sembrano parole a vuoto: certo è che dichiarò guerra a Gaucci, per poi andarci sottobraccio dopo pochi giorni per partecipare al calciomercato dell’Ancona, mentre il Taranto iniziò un triste declino che lo portò davanti al precipizio della retrocessione in D. Sarebbe importante davvero avere delle risposte, dall’interessato, riguardo alcuni episodi che precedettero la gara di ritorno allo Iacovone.

Quali episodi? Da quanto ci hanno raccontato, il Taranto in finale non ci sarebbe dovuto arrivare: dopo il 2-3 di Lanciano i rossoblù invece tirarono fuori una prestazione ottima, ribaltando il risultato con Marziano e Giugliano, mentre i rossoneri di mister Castori assistevano alla rimonta rossoblù quasi da spettatori. Tutto si giocò all’arrivo dell’autobus frentano, con un’accoglienza “calorosa”, per come ci è stata riportata. Insomma, la volontà di vincere, la comunità tarantina l’aveva “espressa” li ai giocatori rossoneri. Non entriamo nel merito che le partite si giocano in campo, o su discorsi etici: il Taranto ricevette lo stesso trattamento a Catania, quando Galeoto finì in ospedale e Gaucci in campo sbraitava minacciando tutti, giocatori, dirigenti e arbitro.

Il 9 giugno il Catania non ricevette lo stesso caloroso saluto di arrivo allo Iacovone, blindato da polizia proveniente da Catania (notizia che non possiamo verificare), come se la squadra di Gaucci fosse ben protetta nella sua rincorsa. Qualcuno dice che Pieroni, dopo l’episodio col Lanciano, si fosse “premunito” che il Catania del suo amico Gaucci non fosse toccato. In casa nostra, allo Iacovone...

Il resto lo abbiamo vissuto in migliaia in campo. Nessuno ci confermerà queste notizie, anzi staremo qui ogni 9 giugno a ricordare un anniversario di morte, quello dell’amore tradito.

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