TARANTO FC

Zannoni, Oggi in campo più che atleti io vedo attori'

Centrocampista di lusso, col Taranto in Serie B, Zannoni ai microfoni di MRB.it
   Angelica Grippa

25 Aprile 2019 - 07:43

Tempo di lettura: 4 minuti

Il suo debutto calcistico avvenne nel ’82 nel Rimini n Serie C1, mi parli dei suoi albori calcistici nel professionismo.
Ho esordito a Rimini, giocai per la stagione intera in C1, l’anno seguente rimasi sino a novembre, quando andai in prestito al Cagliari in Serie B, sino a giugno. Poi tornai in prestito al Rimini disputando un’altra stagione con Sacchi allenatore, quell’anno esplosi con 17 gol in Serie C, vinsi la classifica di capocannoniere da centrocampista. Dopo andai a Parma sempre con Sacchi, e ci giocai per ben 3 anni, uno in Serie C vincendo il campionato, ma in un’ amichevole contro il Milan mi ruppi un ginocchio e chiusi la stagione, mentre l’ultimo anno arrivò Zeman. Da Parma a Udine, dove vinsi il campionato di Serie B, poi ad Ancona e infine a Taranto.

Stagione ’90-’91 lei approda a Taranto, quali le motivazioni della scelta?
Ho scelto il Taranto perché fu la squadra che più mi volle in assoluto, sono sempre andato lì dove mi volevano, più che per il compenso. Ma anche per il mister Nicoletti, io non lo conoscevo a dire il vero, invece lui mi conosceva bene, abita a 8 km da casa mia. Mi volle a tutti i costi e scelsi quella strada.

Com’era quel Taranto? lo spogliatoio, la squadra dal punto di vista tecnico, la società…
Eravamo una bellissima squadra, mi dispiacque solo aver perso i primi 3 mesi, perché in Coppa Italia contro la Juventus mi ruppi un muscolo e restai fermo per tanto tempo. Quando rientrai la squadra stava già andando bene, feci tante partite e segnai 9 gol e tanti assist, arrivammo a metà classifica. Fu uno dei migliori campionati del Taranto nella sua storia, non eravamo proprio spettacolari, ma nemmeno dediti al catenaccio, restammo un gruppo valido e completo.

Tutti i tifosi del Taranto ricordano una partita con grande affetto: 16 giugno 1991, Taranto-Verona, lei siglò il gol al 9’ minuto che regalò agli jonici la salvezza matematica...
Una partita incredibile, una tensione altissima, ci giocavamo la salvezza con un’ottima squadra come il Verona, avevano calciatori forti. Dovevamo vincere ad ogni costo, molte squadre lottavano con noi, in quella partita su un fallo laterale mi diedero la palla, dribblai un avversario e tirai oltre i 25 metri e feci gol al portiere, e fu un gol determinante.

Perché decise di lasciare il Taranto?
Mi dispiacque tantissimo perché avevo vissuto una bellissima stagione, tutta la serie B mi voleva. Dovevo andar su per firmare con il Bologna, era tutto pronto poi all’ultimo momento saltò tutto, ma decisi comunque di andar via. Vidi che la società del Taranto era in difficoltà, si intravedevano le crepe, senza togliere nulla al grande presidente Carelli. Ma in primis avevo la mamma anziana da sola a casa, persi mio padre quando avevo 12 anni, e mi sentii in obbligo di ritornare a casa.

Che tipo di centrocampista era? Quali erano le sue doti in campo?
E’ difficile parlare di se stessi, con po' presunzione dico che ero molto completo. Calciavo di destro e di sinistro senza differenza, ho fatto gol con entrambi i piedi anche da 30 metri. Molto bravo di testa, avevo la potenza e la resistenza, non a caso nell’86 ero nel mirino del Milan, poi mi rupi il ginocchio e rischiai di non giocare più, così il Milan mollò. Sacchi che mi aveva allenato mi voleva a tutti i costi. Ero forte, faccio fatica ad accostarmi un centrocampista di oggi, soprattutto per la completezza. Mi sapevo muovere nei tempi giusti, devo ringraziare molto gli allenatori che mi hanno seguito come Zeman e Sacchi, e poi me stesso perché ci ho messo tanto impegno.

Segue ancora il Taranto cosa pensa del momento che sta vivendo?
Sarò sincero, seguo pochissimo il calcio in generale. Ma ho una gran voglia di tornare a Taranto per rivivere quei luoghi e lo farò, non sono più tornato.

Quindi non è più legato al mondo del calcio?
No, sono uscito nello stesso modo in cui sono entrato. Avevo una passione sproporzionata sin da piccolo, dopo scuola giocavo 8 ore al campo, ogni giorno. Quando ho finito la carriera calcistica ho seguito il corso per diventare allenatore ma non ho mai esercitato. Ho avuto molti problemi con il ginocchio e sono ancora un po' claudicante. Mi è passata la voglia anche perché il calcio di oggi non mi entusiasma, è molto diverso dal calcio che giocavo io negli anni ‘80-90. Prima c’era lo sport, la grinta, la determinazione, adesso in campo mi sembra di vedere degli attori più che degli atleti. Per piccoli infortuni stanno fuori mesi, io ho giocato con un braccio lussato qualche giorno prima. La nostra era una battaglia, c’era la bravura, ma la passione e la tenacia che avevamo non ha eguali.

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