Angelica Grippa | |
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Silvio Paolucci, classe ’60, esordì a soli 19 anni in Serie A con la maglia dell’Ascoli, nello storico match contro il Torino. Nel 1985 passò al Taranto, dove giocò per 4 stagioni, regalando gol importanti in match che rimarranno indelebili nella storia della tifoseria tarantina. Dotato di grande velocità, fu ala destra ma anche seconda punta, dalle spiccate doti offensive, mostrò grande attaccamento alla maglia.
Partiamo dagli esordi: il 23 settembre del 1979, esordì in Serie A, nella partita Torino-Ascoli. Mi racconti l’emozione di un giovane calciatore che calca il palcoscenico della massima serie?
Un’emozione infinita, ero un diciannovenne che militava in Serie A dove i giovani non avevano tanto spazio, come succede adesso. Perdemmo quella partita per 1 a 0, in campo c’erano i grandiosi Graziani e Pulici come avversari, nell’attacco granata
Nel 1985 passò dalla Ternana al Taranto, il motivo che la spinse ad indossare la casacca a tinte rossoblù?
La mentalità vincente dell’allenatore e la grande piazza. Prima di ogni cosa, il mister Tom Rosati, che morì in quell’estate, poi arrivò Renna che mi aveva allenato ad Ascoli, dove vinse tanti campionati. Anche per il prestigio della città di Taranto, che aveva una squadra con una società nuova. Scelsi i rossoblù per l’ambizione di ricalcare i palcoscenici importanti, che avevo visto da giovanissimo.
Lei giocò quattro campionati a Taranto, di cui tre in Serie B. Il momento più glorioso della carriera a Taranto, e di seguito il più difficile?
Il più difficile fu all’ultima stagione, retrocedemmo con una squadra che avrebbe potuto fare molto meglio, salvandosi, fu un’annata balorda. Gli altri anni furono meravigliosi, il primo vincemmo il campionato, nel secondo fu come averlo vinto di nuovo nello spareggio a Napoli. Anche nell’anno della retrocessione ci furono aspetti positivi, come la gente di Taranto, che mi è rimasta nel cuore.
Nella memoria dei tifosi resta la partita Taranto-Messina del’86, lei fece gol di testa con una assist di Maiellaro? Mi parli di questo ricordo…
Erano due squadre molto forti guidate da due tecnici molto validi, Scoglio e Renna. Un match indimenticabile dove vincemmo 2 a 1: prima Maiellaro segnò di pallonetto e poi mi fece l’assist, che mi permise di segnare di testa. Ogni domenica avevamo un seguito importante di tifosi, una media di 12-15.000 spettatori, un vero dodicesimo uomo, che ci trascinava con l’entusiasmo. La differenza con lo Iacovone attuale è evidente, anche se vedo che l’entusiasmo sta tornando.
17 gennaio 1988, Padova-Taranto: i rossoblù erano sotto di due reti e il mister Pasinato ebbe un malore. Riusciste a trovare il pareggio…
In quella partita successe di tutto, fu una partita rocambolesca. Eravamo sotto di due gol, Pasinato ebbe un malore, e fu trasportato in ospedale, aveva iniziato una dieta. Per loro segnarono Simonini e Fermanelli, io trovai il 2 a 1 e all’80’, pareggiammo sulla respinta di un rigore, quando il loro difensore Russo fece autogol. Il ricordo più bello fu legato al dopo partita, quando la squadra andò a trovare il mister in ospedale, che con la calma che lo contraddistingueva, ci rassicurò tutti quanti sulle sue condizioni e sul risultato del match.
Conquistò presto il cuore dei tifosi tarantini, cosa contraddistingueva la magia di questo rapporto?
La mia generosità, la voglia di lottare per quella maglia. Questa è una caratteristica che manca nel calcio moderno: l’appartenenza. Adesso ogni aspetto è commerciale, tutto si evolve in modo troppo veloce, è difficile instaurare un rapporto così. La tifoseria si innamora dell’attaccamento alla maglia più che di ogni altra dote.
Fu un calciatore capace di ricoprire molteplici ruoli: veloce come ala destra e dinamico come seconda punta. Quali furono le sue doti tecniche e quale ruolo preferì?
Avevo una grande tecnica in velocità, ero un calciatore molto istintivo. Se avessi avuto meno istintività, segnando più gol nei campionati, forse avrei giocato di più in Serie A. Sarei stato adatto al calcio moderno, avendo rapidità, generosità e resistenza tecnica. Avevo un buon profilo.
Ricorda ancora le emozioni e il calore della curva e quel nomignolo che le fu affibbiato dai tifosi?
Certamente, per loro io fui Silvio ‘ciuciù’. Mi chiamavano così per la mia velocità, accostata a quella di un treno.
Dopo il ritiro dall’attività agonistica intraprese la carriera da allenatore. Le motivazioni di questa scelta?
Scelsi di fare l’allenatore perché il calcio fu la mia più grande passione da sempre. Ebbi la fortuna di rimanere nel calcio in un ruolo diverso.
Segue ancora le vicende del Taranto calcio? Cosa pensa del campionato che sta disputando in Serie D?
Seguo sempre il Taranto, domenica scorsa ha pareggiato, perdendo qualche punto dalla capolista. Auguro a questa squadra di risalire velocemente in Lega Pro, anche se per il suo spessore meriterebbe almeno la Serie B.
Allena ancora? O si è congedato dal calcio?
Sono un responsabile del settore giovanile della Ternana, questo mio grande amore non è mai finito.