Luigi Boccadamo | |
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In un caldo pomeriggio di giugno, venivano convocati i ragazzi della Berretti del Taranto, appena retrocesso dalla Lega Pro, per essere visionati dal nuovo staff tecnico, e decidere se qualcuno facesse ancora al caso di quel Taranto chiamato a risalire subito nella serie appena persa. Dopo pochi minuti di gioco i più accreditati si pronunciarono affermando che nessuno era idoneo per quel progetto, anche perché si disse, che non c'era nessuno in grado di fare un controllo di palla degno di quel nome. In pochi minuti si buttò al vento qualche anno di lavoro e quei ragazzi pronti a tutto per la maglia del Taranto, furono nelle condizioni di doversi ricollocare in giro per l'Italia. Tra quei ragazzi dalle mille speranza c'era anche Gaetano PALMISANO, che a distanza di appena due anni, si è reso autore di un secondo tempo da tutti definito di ottima qualità. Complimenti a lui ed al mister Taurino che ha creduto da subito in questo ragazzo.
Scusandomi per questa doverosa premessa, provo a riassumere ed analizzare le cause che hanno determinato questo passo falso del Taranto. Nei primi 25 minuti si è visto un Taranto come eravamo abituati a vedere nelle ultime partite, capace di gestire la partita e di essere pericoloso spesso sfruttando l'uno contro uno degli esterni alti "Oggiano e Di Senso" che parevano a tratti straripanti per i loro diretti avversari. Dopo il vantaggio di D'Agostino, l'atteggiamento del Taranto è apparso immutato ed infatti la gestione del gioco gli ha consentito di creare altre situazioni pericolose ed un paio di punizioni dal limite. Nell'occasione della seconda punizione, l'opposizione con la mano di un avversario ha indotto l'arbitro a fischiare il rigore. A quel punto si è vista una scena fin qui mai vista, con Favetta che si era impossessato del pallone perché voleva calciarlo con D'Agostino che si è posto davanti e invocando l'intervento dalla panchina ha finito con il farsi assegnare la competenza per battere il rigore. A quel punto un infastidito Favetta ha lasciato il pallone e si è allontanato. Probabilmente questa situazione ha minato la tranquillità di D'Agostino che nel calciare il rigore ha provato ad angolare troppo il tiro per evitare che ci potesse arrivare il portiere con il risultato di prendere il palo e fallire il rigore. Si è passati così dal chiudere la contesa a riaccenderla in favore del Nardò che da quel momento si è ridestato dal suo torpore e si è messo a giocare, trovando spesso via libera sulle fasce, di fatto invertendo quella che era stata la tendenza della prima parte della gara. Infatti abbiamo visto che in un paio di circostanze almeno, sono stati gli esterni bassi del Taranto a soffrire l'uno contro uno degli esterni alti del Nardò.
Questi campanelli d'allarme del finire del primo tempo sono diventati costanti nel secondo. Il Nardò rientrato nel secondo tempo con un piglio motivazionale elevatissimo ha imposto la propria voglia di fare sua la gara al Taranto che invece inspiegabilmente è sembrato essere rimasto negli spogliatoi. Come qualche volta abbiamo già visto, alcuni giocatori del Taranto soffrono queste situazioni nelle quali sono le squadre avversarie a metterla sull'agonismo e sulla pressione a tutto campo e piuttosto che prendere in mano la squadra, si eclissano pian piano fino quasi a scomparire dalla contesa. Dopo l'uno due del Nardò frutto anche della supremazia sulle fasce che avevamo già notato al primo tempo, mister Panarelli prova a cambiare le pedine in campo finendo come spesso sta facendo a completa trazione anteriore nel disperato tentativo di recuperare la gara, ma anche questa volta il risultato è rimasto bloccato ed impietoso a nostro sfavore. Probabilmente dovrà lavorare per cercare soluzioni differenti, ma soprattutto avrà da trovare le ragioni di questo secondo tempo che solo lui vivendo lo spogliatoio quotidianamente potrà riuscire a fare.
Pensando alla gara che ci attende già mercoledì con il Fasano, che a questo punto assume il classico valore della partita dentro-fuori, penso non sia il caso di disperdere energie in polemiche e processi, piuttosto è il momento di ottimizzare le risorse a disposizione, fare forza su se stessi e concentrare tutta la rabbia agonistica da rilasciare sul rettangolo di gioco di Fasano, perché è nelle difficoltà maggiori che si riconosce lo spirito di squadra.