Angelica Grippa | |
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Ex preparatore atletico del Taranto, attualmente al Lecce, Paolo Redavid si è gentilmente concesso ai microfoni di MRB.it per esprimere un sincero parere in merito alla situazione attuale del Taranto Fc. Un'onorata carriera fra piccole e grandi piazze, un campionato vinto al Gallipoli. Le opinioni e le passioni di un uomo che è sempre stato dalla parte dei tifosi e che ha vissuto le varie fasi del calcio jonico, da Blasi a D'Addario sino all'ultima proprietà Zelatore-Bongiovanni. Un resoconto importante il suo per una programmazione a lungo termine sinora mancata. Questa è secondo lui la causa principale della retrocessione in D e dei mancati obiettivi.
Entriamo nel vivo della questione, il Campionato 2016-2017 appena concluso segnato dalla retrocessione del Taranto. Individuiamo le possibili cause.
"La retrocessione non è mai un avvenimento casuale, è sempre figlia di demeriti. La difficoltà sta proprio nell'individuare le cause dell'amara annata che possono riguardare sia l'area tecnica che quella dirigenziale. Sicuramente sedersi a tavolino ed interessarsi alla sana ricerca degli errori commessi è un elemento chiave per il futuro. Ma per me non vi è mai nulla di meramente casuale se si retrocede in questo modo".
Affrontiamo il tema delicato delle scelte effettuate dalla società: panchina jonica che ha visto succedersi tre diversi allenatori, area sportiva con due direttori. Quanto questi continui cambi hanno realmente influito?
"Sicuramente non aver designato gli uomini giusti a ricoprire il ruolo giusto ha profondamente inciso. Il continuo cambio di direttori, allenatori e preparatori evidenzia sempre una mancanza di fondo. Ricordo che questa dirigenza in soli 2 anni ha cambiato ben 5 allenatori e 4 direttori sportivi, questi avvenimenti travagliati sono sotto gli occhi di tutti. Manca del tutto quella programmazione che è uno dei punti cardine per riuscire nel mondo del calcio, quando si programma si ripone fiducia in un allenatore con un contratto a lunga scadenza. Sottolineo l'importanza di avere un progetto soprattutto nel settore giovanile, dove diviene impossibile far crescere i ragazzi in un ambiente alla mercè dell'instabilità e della pressione. Importante è affidarsi ad un intero staff per almeno 2-3 anni e valutarne in modo obiettivo i risultati. Invece si è mollato e cambiato alla prima difficoltà e alla prima sconfitta. Nello specifico se vediamo Papagni nella prima parte della stagione, aveva i numeri giusti per far bene, eppure dopo 4-5 giornate è stato deliberatamente esonerato, una scelta alquanto strana. Ancor più incomprensibile l'aver messo Franco Dellisanti come direttore, un ruolo che non gli compete, certo è che avrebbe potuto rifiutare e riversarsi sull'area tecnica facendo dono delle sue reali competenze. A mio parere sono stati tanti gli errori commessi".
Per il ruolo che ricopre e per la sua vicinanza ai calciatori, quanto peso ha avuto l'aggressione del 22 Marzo e l'atteggiamento dei tifosi?
"Credo che un atto d'aggressione sia sempre condannabile a prescindere. Non è mia intenzione giustificare i calciatori in nessun modo, ma diventa importante analizzare le cause del loro mancato rientro. Questa strana situazione suscita in me delle perplessità e delle domande che mi piacerebbe porre. Perché è stata aggredita la parte della rosa che sino a quel momento della stagione aveva fatto del proprio meglio? Stendardo ingaggiato a suon di popolo o un portiere che mi era sembrato all'altezza della situazione. Attaccati proprio i tre calciatori con il più alto rendimento, ma il vero dilemma resta il loro non rientro. Anche noi l'anno passato siamo stati vittime di una violenza, scherniti e insultati, ma siamo rimasti tutti quanti a ricoprire i nostri ruoli. Anche in questo caso intravedo una cattiva gestione della situazione da parte di tutti. Attendiamo comunque gli sviluppi della Magistratura, in merito a quanto accaduto. Non è un caso isolato nella storia del calcio ma eccezionale rimane il loro mancato rientro, mai visto nella mia lunga carriera".
Infatti anche a seguito della perdita di questi tre elementi importanti della rosa, la squadra non ha più reagito, né è riuscita più a portare a casa una vittoria.
"A prescindere da tutto questo, la causa non è riscontrabile nella sola perdita dei tre giocatori. La colpa non è loro, o meglio non è principalmente la loro. Per non riuscire più a vincere e scivolare in quel modo ci sono molte altre responsabilità".
La proprietà, la sua scelta di essere silente, molto recriminata soprattutto dalla tifoseria. Slitta le decisioni, le conferenze. Secondo lei la scelta del silenzio può essere giusta in questo clima particolare, oppure sarebbe meglio parlare?
"Ognuno agisce come meglio crede, non è un problema. Loro hanno scelto il silenzio e devono assumersi la responsabilità di questa scelta impopolare. Bisogna comunque ricordarsi che la società e la squadra sono un patrimonio pubblico, anche e soprattutto dei tifosi e fare chiarezza sarebbe una scelta più adeguata. Magari col tempo questa proprietà ci stupirà compiendo scelte valide o con un programma migliore rispetto a quello presentato in questi due anni. Attendiamo poiché i campionati si sono appena conclusi e una sorpresa non è da escludere, come in realtà è stato già fatto in questi ultimi anni a più riprese".
Da queste parole evinciamo una certa fiducia nell'attuale dirigenza. E' realmente così?
"La verità è che non pongo alcuna fiducia e che ho una reale mancanza d'interesse per questo argomento. Dico solo che è meglio assumersi le responsabilità e accettarne le conseguenze. Potrebbero andare incontro ad un disamore totale così come ad un reale avvicinamento da parte di tutti. Ora affronto un tema a me molto caro, i tifosi non hanno alcuna responsabilità in tutto questo, parlo del tifoso vero e genuino, il padre di famiglia legato a quei colori in modo profondo. E' tempo di smetterla di colpevolizzare sempre la fascia dei tifosi e monitorare in modo ossessivo il loro numero. Pochi o molti abbonati, questo costante controllo sulle presenze allo stadio. Mi pare che la proprietà abbia avuto piena libertà nel porsi alla guida di questa società, nessuno li ha costretti, gli si chiede solo di fare chiarezza sulle scelte da compiere".
Passiamo alla parte della carriera che lo lega al Taranto. Tutte le diverse stagioni che ha visto susseguirsi al Taranto. Ripercorriamo le più importanti e quelle che hanno lasciato il segno a livello strettamente personale.
"Ho vissuto molte parentesi al Taranto, uno antecedente a quella con Dionigi, con Blasi presidente e una ancora più remota ai tempi di Papalia. Ho trascorso qui 7 anni di seguito, annessa l'epoca D'Addario e la presente società Zelatore-Bongiovanni. Ho visto passare dinanzi a me molte presidenze, forse sono uno dei pochi che le ha viste tutte. Una delle parentesi più felici resta la fase con Blasi nella finale play-off di Ancona, per la mia diretta esperienza è stato uno dei migliori presidenti. Blasi in pochi anni fu capace di compiere ottimi investimenti affidandosi a persone tecnicamente molto valide, costruendo ottime squadre. In seguito passò la mano a D'Addario che nel primo anno fece benissimo. Se dovessi paragonarli o dargli dei meriti dico che di Blasi ricorderò sempre la straordinaria forza e passione e sportiva, quell'assoluta voglia di vincere e centrare l'obiettivo. Mentre di D'Addario ricordo la sua immensa capacità di creare un'impresa manageriale calcistica seppur fra mille difficoltà. Entrambi hanno usato la programmazione, ma D'Addario per la perdita di denaro che tutti conosciamo non ha poi continuato, ma era riuscito a trasferire i valori della sua azienda nel mondo del calcio, con ruoli e compiti ben definiti. Parlando dell'ultima proprietà, Zelatore-Bongiovanni, io non mi esprimo, affido il giudizio solo al tempo. Personalmente non sono ancora a conoscenza delle reali ragioni della mia non conferma. Non ho ricevuto una sola chiamata che mi abbia chiarito la situazione, da quando tornò Cazzarò non li ho mai più visti né sentiti. Forse mi vengono imputate delle colpe. Le strade nel calcio si dividono come in ogni ambito e come è normale che sia, ma non pretendevo chissà che solo una telefonata di cortesia. Potevano anche solo dirmi che le strade si dividevano, nonostante l'aver disputato importanti stagioni in Serie B e C. Avevamo dato un valido aiuto a questa nuova società, io, Spagnulo, Cazzarò, tutti personaggi che da anni masticano il calcio vero, inoltre ci eravamo notevolmente decurtati i compensi per fornire questo aiuto. Essere trattati in questo modo dopo aver ottenuto risultati importanti con una squadra capace di fare il salto di qualità tanto auspicato mi fa pensare. Vero è che non abbiamo vinto il campionato ma almeno siamo arrivati secondi, un ottimo piazzamento direi. Inoltre ricordiamo che ci furono squadre come il Francavilla di quest'anno che si giocò i playoff. Secondo me bisognava insistere con quel programma, su quella strada intrapresa invece si è scelto di cambiare. Zelatore-Bongiovanni hanno compiuto così scelte decisive e ne hanno pagato le conseguenze".
Una società di poca esperienza che da poca si è affacciata al complesso mondo del calcio deve necessariamente affidarsi agli uomini di esperienza?
"Non saprei rispondere a questa domanda. Ma ho letto recentemente sul giornale che la Zelatore si è sentita come tradita, se non erro dall'area tecnica. Io non mi interesso più di tanto perché come tanti sono nel calcio da molto tempo e ho la consapevolezza cha a volte verrò confermato e altre allontanato. Loro devono affidarsi a uomini di calcio di grande esperienza e nella stagione passata hanno ritenuto che noi non avessimo queste capacità e hanno cambiato lo staff. Quest'anno hanno dovuto fare i conti persino con la retrocessione, analizzando la situazione, magari insistendo col vecchio gruppo tutto ciò non sarebbe successo".
Chiudiamo la parentesi Taranto e ripercorriamo una delle tappe più gloriose della sua lunga carriera, la vittoria del Campionato al Gallipoli.
"Si, assolutamente una delle tappe più emozionanti in un piccolo paesino che si affacciava alla sfera calcistica con grande entusiasmo ed energia. Un ottimo presidente che investì tanto. Ma ricordo tante bellissime esperienza come quella a Cremona, quella con la Reggina in serie B, la prima esperienza al Lecce. Sono queste le realtà che fanno davvero crescere, creano notevoli spunti per migliorarsi e portano con sé i momenti chiave di una carriera. Ho imparato tantissimo anche e soprattutto dalle piccole piazze, 23 anni di carriera e ricordo ogni singolo momento e fra i più felici annovero sempre l'annata con Blasi dei play-off, uno delle più memorabili come quella con Dionigi".
La sua posizione attuale come preparatore atletico del Lecce. Un piccolo riferimento al campionato disputato dal Lecce nella stagione appena conclusa.
"Il Lecce è stato protagonista sino all'ultimo facendo 76-77 punti, la seconda migliore di tutta la Serie C. Ha perso purtroppo con il Foggia, con la capolista vincente del campionato. Ma sottolineo che il Lecce si è giocato ogni possibilità sino all'ultimo e nel girone di andata era persino primo. Un'annata strepitosa, ora c'è questa lotteria, confidiamo nel vincere in questo modo anche se si tratta di un torneo a parte dove le squadre sono molto forti. Lecce è una piazza bellissima capace di donare tanto, è un piacere per me lavorare qui".
Paragoniamo le due esperienze al Taranto e al Lecce, e le due piazze, cosa si sente di dire?
"Non si può in nessun modo effettuare un paragone. Questo Taranto con questa organizzazione non può essere lontanamente paragonato al Lecce, il primo retrocesso mentre l'altro ha totalizzato 77 punti. La differenza non sta solo nella scelte delle persone e nei soldi investiti, ma vi è un motivo più profondo. A livello organizzativo, in primis, il Lecce è rimasto professionalmente e mentalmente in Serie A così come tutti quelli che quotidianamente ci lavorano, dalla segreteria al magazziniere ai fisioterapisti. Una professionalità che non si può paragonare ad una società che ogni due anni cambia".
Redavid conclude l'intervista sottolineando tutto ciò che lo lega a Taranto città così come alla squadra, e alla tifoseria affermando: "Io sono tarantino, sono un gran tifoso cresciuto sui gradoni dello stadio. Avendo 47 anni faccio parte forse dell'ultima generazione che ha visto il Taranto militare in Serie B, non succede più ormai dal '92. Tutta la mia famiglia vive qui, i miei figli frequentano le scuole a Taranto, potete immaginare quanto di grande mi lega alla città. Ma ho un legame altrettanto prezioso con la tifoseria, sicuramente anche loro devono intraprendere un percorso di maturità, ma tutti devono tener conto dell'enorme valore che può avere il dodicesimo uomo in campo. Chi si mette alla guida della società deve smetterla di dare sempre colpe alla tifoseria, una grande tifoseria poi che in 25 anni nonostante le umiliazioni e i tradimenti è sempre rimasta più che fedele. Ovviamente parlo sempre della parte genuina della tifoseria che per me sono la maggior parte. Chi viene al Taranto deve dire 'io faccio' e poi valutare la presenza dei tifosi, non compiere il processo contrario, prima vedere il numero sugli spalti e poi decidere cosa fare. Da parte mia non sopporto più questo atteggiamento, bisogna presentare un valido progetto, investire e poi in seguito valutare cosa fa il tifoso. Chiudo dicendo che per me il tifoso del Taranto è uno dei più belli che esiste, fra i più colorati e sicuramente il più caloroso. Questa è una parte a cui sono profondamente legato e sempre resterò schierato dalla loro parte".