#ERASMO40

'Jaco è vivo e non ci lascerà mai'

40 anni fa, 40 anni ora. Iacovone vive?
   Roberto Orlando

05 Febbraio 2018 - 20:46

Tempo di lettura: 7 minuti

Prefazione
Parlare di Erasmo è come trafiggere il cuore del tifoso tarantino. Il solo nome evoca immagini in bianco e nero, emozioni fortissime legate ad un gol, ad una azione, ad un attimo sospeso in aria. E' difficile il come cominciare, il facile è cadere nel parlarne con troppo amore. Perchè Jacovone è forse il giocatore che più di tutti è entrato nel cuore di un popolo di tifosi, di una città. Snocciolare date, presenze e reti sarebbe troppo "freddo" per un uomo capace di infiammare gli animi dei più tiepidi tifosi rossoblu.

Cominciamo dalla fine
Lo stadio "Salinella", costruito per volere del presidente Di Maggio, era una struttura in tubi innocenti e assi di legno, prendeva il suo nome dal rione in cui era stato costruito ("fino ad allora senza nome, come fosse un triste presagio" narra Rino DiBattista nel suo 70 anni in rossoblu raccontando la stagione 1977-1978). Il 10 febbraio 1978 venne intitolato alla memoria di Erasmo Jacovone, idolo rossoblu morto solo due giorni prima. Ogni domenica da allora i tifosi del delfino si danno appuntamento li, allo Jacovone. I più vecchi non possono non provare un brivido ogni volta che nominano quel nome, chi non ha vissuto gli anni '70 non può sapere cosa significa. Ma una volta conosciuta la storia dello sfortunato idolo tarantino non ci si può non innamorare di lui. Le sempre ricorrenti celebrazioni nel giorno del suo anniversario, la magnifica gigantografia che dominava la curva nord, i cori ad ogni inizio stagione (come a voler invocare la protezione di Erasmo sul nuovo campionato del Taranto) e non ultimo l'inaugurazione del club a lui intitolato a Pulsano sono gli esempi lampanti di un amore mai finito e che mai finirà. Chissà Maria Rosaria cosa abbia pensato arrivando per la prima volta a Taranto, in quella cerimonia tra vecchie glorie, nuovi protagonisti, regali, auguri, foto, odore di salsiccia, brindisi con Birra Raffo. Non credo abbia pensato ad una follia collettiva ma piuttosto ad un amore morboso, tenero, infinito. E' questo che ancora Taranto nutre verso il suo figlio prediletto. Amore infinito.

I primi passi a Taranto
Lo sbarco a Taranto di Erasmo Jacovone (nato a Capracotta, in provincia di Isernia, il 22 aprile del 1952) avviene per opera di Fico. 450.000.000 di lire erano un'enormità per un giocatore in serie B e chissà quale zampino ci abbia messo il destino per far si che l'allora "oculato" presidente acquistasse dal Mantova (sentendo solo le indicazioni di Seghedoni) un giocatore che era soltanto una promessa. " Mi auguro di non aver commesso un errore che non mi perdonerei mai" - Sentenziò Fico a fine trattativa (e qui mi viene da pensare che il destino esista e che si sia manifestato in questo modo). Jacovone arrivò a Taranto a stagione iniziata, e Mantova si rese conto che perdeva un grande giocatore.

Dei 32 gol realizzati dal Taranto nella stagione 1976-1977 8 portarono la firma di Erasmo, decisivo fin dalla prima presenza (gol al Novara di testa per l'1-1 finale). Nasce proprio da queste azioni il mito Erasmo. Dopo il gol di Novara Jacovone venne aspettato fuori da una folla che vedevano in lui un grande giocatore, il bomber che mancava dai tempi di Beretti (1966-1973). All'uscita dagli spogliatoi la semplicità, la timidezza di Erasmo si manifestarono davanti a quella orda di fans che capirono la cosa più importante. Che Erasmo, prima di essere un grande giocatore era anche un grande uomo. L'amore per quel semplice ragazzo crebbe di giorno in giorno, grazie ai suoi gol e grazie a quel carattere particolare, umile, senza fronzoli.


L'ultima stagione
Nella stagione 1977-1978 le frasi che circolavano a Taranto erano del tipo:"quest'anno Jacovone ci porterà in serie A". "Gori, Selvaggi e Jacovone faranno grande il Taranto". Il Taranto di Rosati cresceva e dava filo da torcere a tutti. Alla fine del girone di andata era secondo dietro all'Ascoli dei record, davanti Avellino e Lecce. I gol di Erasmo avevano portato il sogno di una vita di un popolo a diventare realtà. Il Taranto era tra le favorite a salire in serie A, il campionato mai giocato, l'obiettivo di una città. Si sognava a Taranto. Anche quando il 6 febbraio uno 0-0 al Salinella contro la Cremonese faceva vivere un periodo poco felice alla squadra. Sogno infranto lo stesso 6 febbraio, quando la notizia fece svegliare nel cuore della notte tutta la comunità tarantina. Le frasi si rincorrevano, gli sguardi si incrociavano. L'incredulità era angosciante. Per avere la conferma della tragedia la gente cominciò un pellegrinaggio al SS. Annunziata già dalle 02.00 del mattino. Era vero. Quel ragazzo che aveva infiammato i cuori tarantini non c'era più. Ma come? Ieri l'ho visto giocare, ha rischiato di segnare tre gol se quel Ginulfi... Impossibile. Ed ora?

Il Lungo Addio
La città era incredula, come una mamma al quale hanno tolto il figlio preferito. Taranto era paralizzata dal dolore, la drammaticità del momento era qualcosa che si poteva toccare. L'emittenza locale dava la notizia alla popolazione attraverso radio e televisione, ma già tutti sapevano. Davanti il SS. Annunziata il cordone formato dai vigili urbani cercava di contenere la calca. La gente che amava Erasmo era tutta li. Rabbia e sgomento nei volti degli amici, dei giocatori, nella gente di Taranto. Si dice che Petrovic lo slavo, carattere da spericolato del calcio, volesse cercare il colpevole per "fargliela pagare di persona", mentre arrivavano da Tivoli i genitori e la sorella. La moglie, quasi alla fine della gravidanza, rimase a Carpi, raggiunta da Seghedoni, che allenava a Brescia e che era molto amico di Erasmo. Due giorni dopo il funerale. Le esigenze di spazio avevano fatto si che la commemorazione funebre avvenisse al "Salinella", dove Erasmo giocò la sua ultima partita. Una folla umana seguì il corteo funebre dalla chiesa di S. Roberto Bellarmino fino allo stadio a piedi, sotto la pioggia. Le testimonianze del tempo ci raccontano dell'omogeneità del popolo tarantino avvolto dal dolore, dal comune senso di aver perso una persona cara. Lo stadio era gremitissimo. Si stimarono 40.000 presenze sotto la pioggia di quel lontano 8 febbraio. La nuova generazione ha il ricordo in bianco e nero di quel giorno, la sbiadita foto di 30 anni fa. Ma il sentimento resta. E la memoria storica non è una fantasia tutta di sinistra. E allora l'impegno di Fico: "Perdonaci Erasmo. Considero tutti i miei giocatori come figli, e tu eri il migliore. Il cielo ha voluto sottrarti a noi, ma tu rimarrai sempre vivo nel nostro cuore. In questo momento esprimo l'impegno a far intitolare al tuo nome questo stadio". Così fu. Da allora il nome di Erasmo è legato alle altalenanti vicende della squadra rossoblu. Immagino Erasmo che in trenta anni ha visto di tutto svolgersi in quello stadio. Dall'amara retrocessione del 1983 dopo 13 anni di ininterrotta serie B, al Taranto dei record che risalì stravincendo il campionato nel 1991, alla pagina nera del calcio jonico con la radiazione del 1993. Ed ora sta assistendo alla (speriamo) rinascita del calcio a Taranto, con il suo sorriso unico, con la sua presenza immancabile, anche quando le cose vanno male. Erasmo era la sintesi del buono. Era l'immagine di un uomo che ti faceva pensare che se si vuole si può cambiare in meglio. Un personaggio "vittima" del misticismo del tifoso rossoblu che lo ama indiscussamente. Un simbolo. Anzi, l'unico simbolo. Ed i tifosi lo sanno. E "Jaco è vivo e non ci lascerà mai" non è solo una frase per ricordarlo.

Erasmo Jacovone, Capracotta (IS) 22.04.1952 - S. Giorgio Jonico (TA) 06.02.1978. Attaccante.

Stagione serie squadra presenze reti
1971-1972 C Triestina13 0
1972-1973 D Carpi - -
1973-1974 D Carpi - -
1974-1975 C Mantova 33 10 1975-1976 C Carpi 33 10
1976-1977 C Mantova 6 4
1976-1977 B Taranto 25 8
1977-1978 B Taranto 20 9

Resta sempre aggiornato!

Invia un messaggio WhatsApp al 380 762 9286 con scritto "Iscrivimi"
Seguici sul nostro canale WhatsApp (Clicca qui)
Seguici su Telegram (https://t.me/MRB_it)


NETWORK

Scroll to Top