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Fino al... 90simo

Prendo in prestito un coro della Curva (di quelli che mancano...
   Marcello Fumarola

28 Settembre 2017 - 13:15

Tempo di lettura: 4 minuti

Prendo in prestito un coro della Curva (di quelli che mancano, aaahhh quanto vi mancano) come titolo di questo nuovo appuntamento infrasettimanale nel quale parleremo di un Amore con la a maiuscola, che c'è sempre...va solo rianimato. Fino al novantesimo, però, non è riferito all'ultimo minuto di una partita, visto che ciò che resta dello squadrone (?) costruito quest'estate (a quanto pare, purtroppo, solo sui giornali) dal ds Volume, riesce ad inguaiarsi le partite già nei primi secondi dei match che va ad affrontare. Qui parliamo del novantesimo anno di vita di una società, di una squadra che ci ha regalato sogni, delusioni, storie, aneddoti, qualche favola ed una tragedia, la morte di Iaco.

Nella suggestiva cornice del Castello Aragonese, si è svolto infatti l'evento più importante della settimana rossoblu: la mostra "Io T'amo, un racconto d'amore lungo 90 anni". Tra maglie, cimeli, foto, giornali, gadgets ed un impetuoso mare di passione, quello spazio dedicato a Iaco portava inevitabilmente ad un lungo momento di emozionata riflessione. Ho visto dei bimbi durante la mia (breve) visita alla mostra. Spero che qualcuno abbia saputo raccontar loro cosa significasse (per gli over 40 come noi) respirare il profumo di quel prato verde, creare l'effetto "Salinella" (poi Iacovone) battendo i piedi sulle tavole in legno ed agitando i sediolini in ferro della tribuna... Un inferno per qualsiasi avversario! E poi quelle undici maglie rossoblu che avevano un'anima, che lottavano in simbiosi con una intera città e spesso centravano l'obiettivo della permanenza in serie B, sempre sofferta e per questo ancor più bella. Il cosiddetto "senso di appartenenza" che ci hanno scippato. E poi ti capitava di battere anche squadre di serie A. Allo Iaco han perso tutte: Juve, Milan ed Inter. Se oggi siamo ancora qui, a piangere, combattere ed incazzarci, credo di poter dire, senza tema di smentita, è proprio grazie all'immenso patrimonio dei ricordi, delle emozioni vissute grazie a quei colori; ricordi che fanno parte di noi e che custodiamo (gelosamente e forse a volte anche inconsciamente) in un angolo del nostro cuore rossoblu.

Per questo motivo possiamo dire che... il Taranto siamo noi! Noi che piangevano con Chimenti dopo il suo strabiliante gol contro il Foggia di Desolati; noi che abbiamo visto l'arbitro stringere la mano a Barlassina dopo il gol del pari contro il Pescara; noi che abbiamo visto Toneatto rifilare "nu cuppe cuppe" a Novellino, reo di aver sbeffeggiato un avversario. Noi che abbiamo goduto del fiuto del gol di Totò De Vitis; noi che ci esaltavamo per le serpentine di Selvaggi prima e Maiellaro poi; noi che ci dividevamo tra chi preferiva il narciso Coppola o l'opportunista Insanguine; noi che abbiamo amato il Cavalier Pignatelli ed i suoi riti scaramantico/religiosi; noi che abbiamo sostenuto la Berretti e mister Sabadini nelle prime giornate in C2; noi che abbiamo subito una ingiusta radiazione e da allora non abbiamo più vissuto la serie B, che era casa nostra e che abbiamo spesso beffardamente accarezzato senza mai riabbracciare. Potrei continuare per chissà quanto ancora; ma ora noi siamo quelli che soffrono in silenzio, in una angusta serie D, in attesa di poter condividere nuovamente gioie e dolori con la squadra e con una società giusto un pò più empatica (ma giusto un pò) nei confronti della tifoseria. Una società che, manco a dirlo, è stata assente (giustificata dal suo addetto stampa) alla mostra sulla storia del Taranto. Ora magari penserete che sto per snocciolare la mia solita (purtroppo inevitabile) critica alla proprietà ed invece vi sorprenderò. Il non partecipare alla celebrazione dei 90 anni di storia rossoblu è stata forse l'unica cosa giusta fatta, da oltre un anno a questa parte, da questa dirigenza.

Perché, considerata la spaventosa serie di record negativi infranti, considerata la capacità di distruggere ciò che viene (mal) costruito, questa proprietà, con la storia del Taranto, c'entra davvero pochissimo; anzi, come direbbe quantunquemente Cetto La Qualunque: "Na beata m.....a". E siccome 90 è anche il numero della paura, qualcuno sembra aver paura che possa essere un nuovo anno zero; sarebbe davvero un male?... Sinceramente non lo so ma la ricchezza e la forza trasmessa da quei ricordi, le lacrime e la commozione dei visitatori ma ancor più degli stessi (amici) organizzatori mi fanno pensare che, come si dice spesso, chi ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente... Figuriamoci del futuro! Pertanto, amici (e non) vi chiedo: cosa aspettiamo a fare inversione di marcia?

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