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Dionigi in ESCLUSIVA su MRB.it, 'Il mio Taranto fece innamorare i tifosi'

L'ex calciatore ed allenatore rossoblù parla del passato e del presente del Taranto
   Angelica Grippa

20 Giugno 2017 - 18:31

Tempo di lettura: 10 minuti

Davide Dionigi debutta sulla panchina del Taranto il 9 novembre 2010 subentrando a Giuseppe Brucato e si consacra attraverso 2 semifinali play-off consecutive per la Serie B. Ha assistito alla mancata promozione diretta, a seguito della famosa penalizzazione dei 7 punti, quando l'allora dirigenza di D'Addario abdicò dall'iscrivere la squadra in Lega Pro. Il suo talento fu notato da Lillo Foti, ex presidente storico della Reggina che lo volle in Calabria direttamente in B la stagione seguente. Ha scoperto e allenato vari giocatori poi consacratosi altrove, ha conosciuto diverse esperienze infelici sino all'inspiegabile ultimo esonero dal Matera. Con lui il Taranto ha sperimentato una delle stagioni più felici con l'allora presidente Blasi, lo abbiamo invitato a raccontare le esperienze più importanti della sua carriera nonché i momenti chiave che ne hanno definito la sua meravigliosa carriera prima da calciatore e in seguito da allenatore. Tra sogni e desideri futuri esprime il suo legame con la squadra jonica.

Affrontiamo la sua esperienza da calciatore nel club tarantino, in particolare la prima più serena con la gestione Blasi. Quali sono stati i rapporti con la dirigenza e i tratti salienti di questa stagione?
"Sono arrivato a Taranto quando ero ormai a fine carriera, avevo 34 anni. Avevo già disputato campionati importanti in sere A e B. Partimmo benissimo, con le migliori aspettative poiché Blasi costruì una magnifica squadra con parecchi giocatori validi. Infatti molti di questi nomi in seguito militarono in categorie superiori. Pur partendo benissimo, io a metà stagione, purtroppo ebbi un brutto infortunio al ginocchio, rottura del legamento crociato. Con molto dispiacere non potei terminare la stagione, assistetti alla finale di Ancona senza parteciparvi. L'anno seguente superai in modo magnifico l'infortunio segnando 10 goal, purtroppo calcisticamente non fu un anno dorato, Il Taranto si salvò all'ultima giornata nella partita di Sorrento. Questa è stata in breve, la mia carriera da calciatore in questo club. Per quanto riguarda i rapporti, nelle varie esperienze mi sono sempre sforzato di avere rapporti cordiali con tutti. In tutte le avventure son presenti momenti di difficoltà ma con l'allora dirigenza avevo dei rapporti ottimi".

Come vedrebbe un probabile ritorno dell'imprenditore messapico all'attuale Taranto?
"Secondo me Blasi è un uomo che a suo modo, costruendo sempre squadre forti, ha dimostrato di saper fare calcio. Penso che il problema del Taranto è che chiunque decida di prendere questa squadra debba necessariamente, purtroppo o per fortuna, avere una squadra all'altezza. A prescindere dalla categoria in cui militi, per un pubblico così caldo ed esigente oltre che affettuoso, per non deluderlo si deve investire e portare calciatori forti, per poi costruire squadre vincenti. In questo Blasi ha sempre dimostrato attenzione e dedizione costruendo squadre di un certo spessore".

Sarà per questo che la tifoseria o la maggior parte di essi inneggia da tempo al suo ritorno?
"Si ma il motivo fondamentale resta l'atroce delusione di questa stagione passata. L'ultimo Taranto bello che gli ha donato grandi soddisfazioni credo sia stato quello allenato da me. E' normale che cercano di affidarsi ad una persona che possa riaccendere quell'entusiasmo che la gente di Taranto ha ricercato in questi anni, e che ormai non si vede più da quell'ultima annata che fu la mia".

Passiamo alla sua diretta esperienza da allenatore. Nel 2010 ci fu il suo debutto sulla panchina jonica. Parliamo delle sue due stagioni e delle due finali consecutivi play-off.
"Fu un'esperienza nata per caso grazie a D'Addario che mi affidò la panchina, avendolo conosciuto l'anno prima. È stata un'esperienza davvero meravigliosa, al di là dei grandi risultati ottenuti. Il primo anno facemmo i play-off e uscimmo alla semifinale al 96esimo, l'anno seguente quel Taranto arrivando primo vinse il campionato. La storia la conoscono tutti, ci fu la penalizzazione, ma a prescindere da questo furono anni magnifici, fummo capaci di unire un'intera città. Esaltammo in ogni modo i valori umani costruendo un gruppo di uomini che fra mille difficoltà si dimostrarono legati alla maglia. Ci furono grandi difficoltà economiche, ma rimasero integri i valori. Questi anni splendidi rimarranno sempre nei ricordi indelebili non solo nella mia carriera da allenatore, ma proprio nella mia vita".

Entriamo nel particolare, in quel secondo anno contraddistinto dalla penalizzazione dei 7 punti. D'Addario abdicò dall'iscrivere la squadra in Lega Pro. Nonostante queste disavventure pare le sia rimasto un ottimo ricordo anche di questa esperienza
"Soprattutto in quell'anno, poiché vedevo una squadra giocare con il cuore e il sangue agli occhi fra le numerose difficoltà, facemmo innamorare l'intera tifoseria. È anche vero che oggi queste cose sembrano contare poco, purtroppo. Quella squadra era stata capace di crearsi una credibilità nonostante tutte le malelingue che le si costruirono attorno. In quegli anni fummo presi come un esempio da tanti altri club. Ma queste cose, questi valori nella vita lasciano il tempo che trovano e la gente stenta a ricordarsene. Importante è che restano nel cuore di chi li ha vissute direttamente".

Tutti quei calciatori scoperti ed allenati da lei, e poi consacratosi altrove?
"Il primo anno arrivai a Novembre e portai giocatori che conoscevo bene. Mi ricordo i primi acquisti importanti, Sosa, Di Bari e Chiaretti, tanti altri nomi di seguito come Colì e Gerardi. Tutta gente che in seguito ha giocato in categorie superiori. Tutte scelte condivise con la società, il mio direttore tecnico era Valentino Angeloni e con Valerio D'Addario viaggiammo sulla stessa linea nelle scelte tecniche. Questa è una delle basi fondamentali per far bene, arrivarono non solo calciatori di spessore ma soprattutto uomini con valori che andavano oltre quelli prettamente calcistici. Fu questo per me il vero segreto di quella squadra".

Le chiedo un paragone fra la dirigenza di Blasi e poi quella di D'Addario
"Un paragone che non riesco a fare, due persone molto simili in alcuni aspetti ma tutto sommato anche molto differenti. Io uno l'ho vissuto da allenatore e da presidente mentre l'altro da presidente e da calciatore, questo ne modifica profondamente il giudizio. Entrambi con pregi e difetti, e a loro modo dimostrarono di avere la voglia di vincere. Su questo non vi è ombra di dubbio, poi potremo discutere d ciò che è avvenuto aprendo capitoli interi. Entrambi non mostrarono solo l'interesse per il lato prettamente economico facendo cassa, ma si impegnarono a più riprese per costruire squadre dedite alla vittoria e all'impegno".

Le sue esperienze successive dove il suo talento lasciava presagire un epilogo diverso. Perché alla fine non si sono invece rivelate fortunate?
"Perché se è vero che a volte nella vita si commettono degli errori, è anche vero che tante altre volte dipende dalla situazione in cui subentri. L'anno dopo feci la serie B, disputando un'annata importante avendo una squadra che mirava a mio parere alla salvezza. Nelle prime otto giornate ero in linea con il programma ma loro si aspettavano molto di più. L'anno seguente videro addirittura la retrocessione . Ad ogni modo feci un ottimo lavoro, mentre in seguito portai la Cremonese a fare i play-off e purtroppo perdemmo la semifinale. Le due annate successive all'esperienza al Taranto le considero comunque positive, poiché non sempre perdendo escludi la possibilità di aver svolto un ottimo lavoro. I veri errori sono stati commessi nelle altre due annate successive. Prima a Varese, dove mi trovai sfortunatamente in mezzo ad una vera guerra societaria permanendo solo quattro giorni. Poi l'errore di Matera dove alla quarta giornata, pareggiando con il Foggia, e meritando di più, sono stato inspiegabilmente esonerato. Ho avuto grandi difficoltà a trovare una spiegazione logica. Sicuramente vi erano altri problemi di natura diversa e le strade si divisero. A volte le scelte si dimostrano giuste, altre volte sbagliate, ma sono tutte queste cose che nella carriera di un allenatore aiutano a crescere. Dagli errori si impara e speriamo di aver terminato questa tipologia di errori".

Come non affrontare il tema delicato dell'attuale situazione tarantina. Le sue impressioni sulla retrocessione in D
"A mio parere Zelatore-Bongiovanni hanno sbagliato e a distanza di qualche mese si può parlare degli errori commessi. Anche se lo hanno fatto sicuramente in buona fede. All'inizio si parlava di una grande proprietà che pareva aver salvato il calcio a Taranto ma alla fine è arrivato il massacro per tutto e tutti. Ho sempre sostenuto che il Taranto non aspetta, forse l'obiettivo iniziale doveva rimanere la salvezza, e la squadra in certi momenti pareva in linea con questo programma. Se poi durante la stagione ti sei ritrovato anche fuori dalla zona tranquilla, allora hai per forza commesso degli errori di valutazione. La buona fede della società stava nella volontà di fare di più, poi col tempo si è capito che era una squadra che non si è dimostrata all'altezza non solo della Lega Pro ma proprio di Taranto. Torniamo al discorso iniziale, per giocare qui devi mostrare di avere certe caratteristiche, non solo a livello qualitativo e tecnico ma soprattutto a livello umano. Devi sapere reggere prima di tutto la pressione. Tutte queste cose hanno portato al fallimento, senza nessun cambiamento positivo a seguito del mercato di gennaio. Poi c'è stata l'aggressione, che va sempre condannata a prescindere, ma a mio parere non ha inciso poi tanto perchè obiettivamente le cose andava male già prima. Tutto l'andamento della stagione è stato negativo, quello possiamo definirlo solo il colpo di grazia. Parlo di risultati in campo, è stata tutta un'annata storta e si è chiusa ancora peggio. Magari giocandosi la possibilità di giocare i play-out poteva donare una flebile speranza, invece nemmeno questa".

Collegandosi ai fatti attuali, all'immobilismo del Taranto, il nuovo allenatore Cozza. Come secondo lei si dovrebbe affrontare questo torneo in una nuova categoria?
"La risposta è davvero molto semplice visto che tutti gli sforzi devono mirare al solo obiettivo di vincere. In Lega Pro, al primo anno, l'obiettivo salvezza andava accettato, in serie D puoi solo fare una squadra per vincere pechè non puoi fare altrimenti. Per quanto riguarda Cozza è un mio grande amico, siamo anche stati compagni di squadra ai tempi della Reggina e ai tempi del Milan. Un valido uomo di calcio che l'anno scorso ha vinto il campionato, propone un calcio molto offensivo con un atteggiamento sanguigno. Per me questa si rivelerà la scelta giusta".

Dionigi conclude parlando del suo futuro, esprime il grande desiderio di un abbracciare un nuovo progetto dove elemento fondamentale sia un clima sereno. Ha ricevuto numerose offerte che sta vagliando, non pare più essere interessato al blasone, quanto a lavorare in un certo modo. La speranza di trovare sino al 15 Luglio la giusta avventura da intraprendere con voglia e serenità. Un uomo di calcio che da tanta importanza alla parte prettamente umana, che ha sempre dimostrato di non rinunciare a quei valori che possiede per nessun motivo. Ha lasciato nelle menti dei tifosi tarantini momenti incancellabili di calcio giocato col cuore, ma soprattutto non ha mai sacrificato la bellezza di un gioco a memoria eseguito da uomini ancor prima che da calciatori.

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