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'Nata a Costantinopoli', all'Auditorium Tarentum il 15 Aprile

L'evento avrà inizio alle ore 21.15. Costo del biglietto, 8 euro
   Alessandra Carpino

13 Aprile 2016 - 10:23

Tempo di lettura: 10 minuti

La sacralità della testimonianza diretta, la rivelazione di un periodo storico quasi misterioso ed inesplorato, la dimensione onirica del racconto e delle memorie in esso incastonate. “Nata a Costantinopoli” è sintesi e rappresentazione di tutti questi concetti, di tutte queste visioni sviluppate su piani che s’intersecano. E’ una drammatizzazione teatrale della vita di Elena Xenopulu (Eleni in greco), già appartenente alla comunità ellenica della sontuosa Istanbul, costretta come tanti altri legati alla stessa etnia, ad abbandonare la terra d’origine e la sua famiglia appena ventenne, nel corso della seconda metà degli Anni Sessanta. La giovane Elena scommetterà sull’occasione alternativa di un percorso intimo e formativo: emigrerà in Germania, alla ricerca di un lavoro e quindi di un’indipendenza sociale ed economica, ripudiando l’idea di dover cedere ad un matrimonio con un uomo turco, al fine di abbracciare completamente l’ideologia islamica.
I Greci continuano ancora oggi a chiamare nostalgicamente Costantinopoli o “la Polis, la Città” per antonomasia, l'antica colonia di Bisanzio che si affaccia sul Bosforo, l'odierna Istanbul. Costantinopoli, detta anche la Roma d'Oriente, fu capitale dell'Impero romano fino alla sua caduta il 29 maggio 1453. In Oriente si ebbe sempre la percezione di una continuità fra Impero romano e bizantino, tanto che i greci bizantini si definivano “romei” invece che elleni, e la grecità era detta “romiosìni”. Gli stessi turchi chiamano “rum” la minoranza greca della Polis. Nel 1921 i greci che abitavano in Turchia erano circa due milioni e mezzo; nel 1923, a causa dello scambio forzato di popolazione, in cifra superiore furono costretti a trasferirsi in Grecia. I circa 500 mila greci che nel 1921 vivevano a Istanbul si ridussero a 200mila e nel 1942, complice la forte tassa imposta sui capitali, l’etnia diminuì drasticamente. Nel 1955 circolò la notizia che una bomba fosse esplosa a Salonicco presso la casa natale di Mustafà Kemal Atatürk, considerato il padre della Turchia moderna, e che fossero responsabili i greci. L'allora presidente-dittatore Adnan Menderès ordinò di dare una lezione ai rum di Istanbul: i turchi effettuarono un vero pogrom, una “notte dei cristalli”, caratterizzata da violenze, spoliazioni e uccisioni che costrinsero all'emigrazione un'altra consistente parte dei pochi greci rimasti. Ancora nel 1964 la recrudescenza della crisi di Cipro colpisce di nuovo la comunità ellenica insita in Costantinopoli. Oggi non sono più di 10mila i greci che continuano a vivere in Turchia. Ad Istanbul ne sono rimasti tra i 2mila e i 5mil: “Polìtis” è il Greco della Polis, “Polìtissa” al femminile. La famiglia Xenopulu partì per la Grecia, mentre Elena decise immediatamente di cambiare vita, un'esistenza che fino ad allora era stata agiata e benestante, abbandonando tutto e conservando solo i ricordi dei giorni della giovinezza.

La permanenza in terra teutonica regalerà alla giovane Elena l’amore: decisivo sarà infatti l’incontro con Pietro, figlio della Puglia, emigrato per esigenze lavorative. Il matrimonio suggerirà ad entrambi il trasferimento nella Magna Grecia, nel meridione d’Italia: Elena, infatti, vive tuttora ad Oria e venerdì sera, in occasione della “prima”, si accomoderà in platea ed incontrerà gli spettatori.
“Nata a Costantinopoli”, opera teatrale a cura del regista Alfredo Traversa, per “Teatro della Fede Eventi” e con le scenografie perfezionate da Ciro Lupo, è stata ideata da Giancarlo Antonucci, presidente dell’associazione culturale Dopolavoro Filellenico di Taranto. La rappresentazione artistica si basa sul testo raccolto da Daniela Rotondo, in sinergia con la stessa Elena Xenopulu.

L’evento è in programma venerdì 15 aprile 2016, presso l’Auditorium Tarentum (sito in via Regina Elena, 122, a Taranto), con sipario previsto per le ore 21.15. Ad interpretare il ruolo della giovane Eleni è stata designata Valentina Rota, la quale sarà coadiuvata sul palco dagli attori Giuseppe Calamunci, Carmelo Lorizio, Clara Magazzino.

Il lavoro si avvale del patrocinio dell'Ambasciata di Grecia a Roma e la colonna sonora è stata composta dal celebre musicista Sakis Tsilikis, abbinata ai versi originali della canzone “Elena della Polis”, firmati dal maestro del giornalismo Spiros Armodoros Metaxas, socio onorario del Dopolavoro Filellenico. La canzone è stata interpretata dalla voce suadente della famosa artista greca Vazia Zilou.
“Un teatro umano, civile, che rompe gli schemi mentali, che scaturisce da un incontro in carne ed ossa, quello con Elena, della quale abbiamo condiviso artisticamente il percorso di vita- esordisce ALFREDO TRAVERSA, regista della performance- Il pubblico ascolterà parole vere, assisterà alla ricostruzioni di situazioni storiche realmente vissute da una persona che sarà presente in sala. Nulla di inventato, nè scritto in modo romanzato. Elena è la protagonista, costretta ad abbandonare Istanbul all’età di vent’anni. Viaggia da sola su un treno che la conduce dalla Turchia alla Germania, in cui altri profughi sono stipati come in un carro di bestiame. Nella nuova terra d’accoglienza, si concretizzerà il connubio con un italiano, Pietro. Una coincidenza particolare, per volontà del Fato: sposerà lui, un pugliese emigrato per lavoro”. Analizza poi la tipologia dell’opera inedita: “Si tratta di un esperimento teatrale un pò diverso, che non nasce dalla mera funzione drammatica, ma da una “vita” che coi portiamo in scena”. “La struttura consta di due momenti fondamentali- precisa Alfredo Traversa- Il primo è inerente l’incontro fra una greca ed un italiano in Germania, ed innesca un’attenzione particolare all’attualità, alle problematiche sulla migrazione per le quali i poteri teutonici sono chiamati a rintracciarne le soluzioni. Il secondo è storicamente romantico, poichè Elena è innamorata e racconta partecipe del proprio vissuto. Si materializza, quindi, parte della sua esistenza, narrata dalla sua nascita sino alla partenza da Istanbul”. Una sperimentazione narrativo-scenica di incredibile impatto sociale: “Vita, forma e materia: gli attori personificano i “ricordi”, non hanno la carica di “personaggi”; i periodi cruciali sono incastonati nell’arco cronologico dal ’51 al ’64. I suoni composti appositamente per l’opera sono stati interposti: siamo onorati che artisti del calibro di Tsilikis e Zilou abbiano abbracciato spontaneamente questa esperienza artistica”. “Si decrive un mondo a noi vicino, del quale siamo stati ignari per molto tempo: chiese, moschee, sinagoghe, un palcoscenico da sempre esistito e metabolizzato da etnie diverse, da comunità confluenti- dichiara il regista originario di Grottaglie- Nel caso specifico, emerge il discorso sul cambiamento culturale della donna, delle sue prese di posizione. La figura femminile gioca un ruolo importante: le situazioni sceniche portano a riflettere, poichè hanno contribuito ad una rivoluzione: Elena confida che, negli anni Sessanta, le donne arabe non vedevano l’ora di privarsi degli abiti tradizionali per indossare gonne e pantaloni. Quasi un deja vu, dilemmi mai estinti”. Assicura sulla carica emotiva ed intimistica della creatura scenica, Alfredo Traversa: “Nata a Costantinopoli” è uno spettacolo importante, impreziosito da linguaggio e musiche particolari, icone di una grande civiltà eterogenea: occorrerà immaginare le condizioni di Istanbul parallelamente al boom economico vissuto in Italia, un’occasione per aprire cuore, mente, anima”. “Il pubblico percepirà la sensazione di partecipare ad un rito- confessa- L’arte teatrale creerà empatia, l’emozione sarà prodotta dall’ascolto del racconto di una persona, che poi è “testimone” concreta dei fatti, circondata da tre attori che daranno corpo alle sue “visioni”. Doppia considerazione circa l’attrice protagonista e la funzione della compagnia da lui gestita, entrambe rigorosamente autoctone: “La scelta di Valentina Rota deriva anche da un minimo di somiglianza al “personaggio” di Elena: la narrazione del suo incontro con Pietro suggerisce energia, allegria, propensione al sorriso e voglia di dimenticare, non un contesto tragico- afferma Alfredo Traversa- Elena lo definisce “il secondo capitolo della sua vita”, caratterizzato dal coraggio di metabolizzare il passato, di andare avanti con rinnovata positività. Arriva la “forza” del “messaggio scenico”: la storia di Elena è propedeutica per una riflessione sulla dimensione del futuro”. “La produzione dell’opera è affidata alla mia compagnia denominata “Teatro della Fede”, che spesso si è cimentata nell’esposizione di figure femminili originali, apprendendo le loro vicende fuori dai libri, attraverso autentiche indagini”, conclude il regista.

Direttamente da Atene, ad svelare la genesi del testo canoro intitolato “Elena della Polis” è proprio il suo autore, SPIROS ARMODOROS METAXAS, prestigiosa firma del giornalismo ellenico, già corrispondente dall’Italia per EPT, figura culturalmente eclettica, freelance ed opinionista a livello mondiale. “Si tratta di una canzone, i cui versi mi sono stati ispirati dalla storia della signora Elena, la quale ha vissuto il complicato periodo della diaspora dei greci da Costantinopoli- racconta con passione nel suo italiano perfetto- Nel 1960, infatti, inizia la “caccia alle streghe” da parte dei turchi, che ha rovinato l’atmosfera internazionale che esisteva fra le diverse comunità (greca, ebraica, araba) all’interno della Polis, prestigiosa denominazione accordata ad Istanbul. Affiorarono minacce e paure, quasi un secondo, doloroso capitolo inerente il rapporto fra i popoli ellenico ed ottomano dopo gli anni Venti”. Spirito fiero, orgoglioso, assolutamente scevro da alcun ardore negativo: “I greci cacciati, tuttavia, non sono mai stati animati da sentimenti di vendetta o razzismo: hanno preferito preservare i bei ricordi, la nostalgia. Una situazione analoga a quella che aveva coinvolto in precedenza Alessandria d’Egitto- confida la “filosofia” della popolazione alla quale appartiene, il maestro Metaxas- Elena rappresenta la rinuncia ad ogni desiderio di rivendicazione, esaltando invece le sue memorie, il suo legame intenso con Costantinopoli, la dimensione “europea” creata nel suo luogo d’origine. Racconta la Turchia con amore, il suo pensiero è costante verso gli anni trascorsi in quella terra: ha convissuto con questi ricordi, li ha scritti, e sono stati tradotti brillantemente da Giancarlo Antonucci. Ho visionato il testo originale, che contiene parole di un greco superato: un’operazione importante, un emblema linguistico pregiato”. Venerabilità annalistica, fonti da custodire, rievocazioni intime da preservare contro ogni oscurantismo: “Il tema è di eccezionale attualità- catechizza il giornalista- Elena è profuga in Germania, e qui conosce il “magnogreco” Pietro, emigrato dall’Italia alla ricerca di lavoro, il quale diventerà suo marito. Entrambe sono “fughe che uniscono”, coincidenze che inducono alla riflessione”. Un prodotto artistico genuino, quello offerto alla platea ionica: “La canzone consta di un testo commovente, le parole sono vibranti, le immagini intrise dello splendore e della nostalgia che caratterizzano il Bosforo- racconta Spiros Metaxas- Le musiche sono state composte e realizzate dal celebre maestro Sakis Tsilikis: ci conosciamo da molto tempo, abbiamo spesso collaborato nelle stazioni radio elleniche, è una persona seria, un grande professionista che trasmette didattica e passione insegnando nei conservatori ed in sue scuole teatrali. La melodia da lui concepita è in combinazione perfetta con la storia di Elena: la canzone è unica, in greco, e fungerà da epilogo alla piece, mentre otto brani musicali, altrettanto originali, accompagneranno come colonna sonora altri momenti dell’azione scenica”. Chiosa sulle sensazioni destate dall’esecuzione del brano inedito: “Ad interpretare il brano è stata scelta Vasia Zilou, nota cantante della musica leggera ellenica: la sua voce incanta, l’ho ascoltata durante la registrazione in studio e mi è venuto da piangere- commenta Metaxas- Nessun artista è riuscito a contenere le proprie emozioni. Si tratta di un’appassionata opera di teatro ecumenica, composta da pezzi unici, inediti, da presentare come un “dono”.

Costo del biglietto 8,00 €
Info: 3883059654
teatrodellafede@email.it

3394200112
dopolavorofilellenico@hotmail.it

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